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Pregiudizio universale e post-verità

Pregiudizio universale e post-verità

Una raccolta di saggi che spiega l'oggi, tra emozioni e bufale

ROMA, 01 febbraio 2017, 09:42

Anna Bigano

ANSACheck

il pregiudizio universale laterza - RIPRODUZIONE RISERVATA

il pregiudizio universale laterza - RIPRODUZIONE RISERVATA
il pregiudizio universale laterza - RIPRODUZIONE RISERVATA

 AA.VV., 'IL PREGIUDIZIO UNIVERSALE' (LATERZA, 416 pp., 18 euro) L'Oxford Dictionary ha eletto parola dell'anno "Post-Truth", post-verità: un neologismo che indica la supremazia dell'emotività sui fatti, la facilità con cui le bufale vengono raccontate - specie in politica, durante nelle campagne elettorali - e accolte dal pubblico. In questo tempo in cui il richiamo alle emozioni e alle convinzioni personali trionfa sull'analisi e la riflessione capita a puntino il saggio collettivo Il pregiudizio universale appena pubblicato da Laterza.
    Già, perché se la parola "Post-Truth" si è fatta strada nel nostro lessico soltanto nel corso dell'ultimo anno, la tendenza che le sta alla base è tutt'altro che nuova. Da che mondo è mondo, pregiudizi, luoghi comuni, credenze ci permettono di "far prima", ci offrono una rappresentazione bell'e pronta della realtà, non ci costringono a porci domande scomode. Il pregiudizio, come spiega nella prefazione il linguista Giuseppe Antonelli "è uno spazio mentale condiviso, stretto e affollato.
    Consola e rassicura, si diffonde e rafforza proprio perché è comune: definisce e rinsalda la coesione di un gruppo, disegnandone un'identità". Eppure, viene da aggiungere, i pregiudizi sono pericolosi, specie se elevati a dignità di fatti, magari capaci di condizionare le politiche di interi Paesi.
    Ecco allora che in una sequenza di godibilissimi capitoletti di poche pagine, un centinaio di autori si diverte a mettere in discussione - dati alla mano, e ciascuno con il suo stile e la sua sensibilità - altrettanti luoghi comuni, dogmi e false convinzioni. Il criterio? La competenza. Così lo stilista Antonio Marras commenta "L'abito non fa il monaco", la storica Anna Foa "Gli ebrei sono intelligenti", la sociologa Chiara Saraceno "La famiglia è un valore". E ancora, il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco spiega perché non è vero che "con la cultura non si mangia", mentre la milanesissima blogger Elasti smentisce il detto "mogli e buoi dei paesi tuoi" rievocando deliziosamente l'incontro con il futuro marito barese.
    Il libro è una piccola miniera di informazioni che spesso fa sorridere nel menzionare le bufale di cui tutti siamo stati vittime o propagatori attivi. Chi non si è mai sentito raccomandare da nonne e zie, tanto per fare un esempio, di mangiare pesce "che fa bene alla memoria perché contiene fosforo"? Tutte sciocchezze, spiega il nutrizionista Marcello Ticca, visto che, tralasciando il fatto che esistono molti alimenti ben più ricchi di fosforo del pesce, non esiste alcun collegamento accertato fra questo minerale e le capacità mnemoniche. E che dire del mantra secondo cui "la corruzione ci costa 60 miliardi l'anno", rimbalzato per anni fra tv e giornali e pronto a rispuntar fuori periodicamente? Qui sono gli economisti Luca Ricolfi e Caterina Guidoni a occuparsi di risalire alle origini di questo assurdo dato, che implicherebbe che in Italia sia localizzato addirittura l'8,5% della corruzione mondiale.
    Per combattere il dogmatismo dei pregiudizi, non ci sono altre armi che lo spirito dialettico, un pizzico di ironia e, quand'è possibile, dati scientifici (occhio però: anche "i numeri parlano da soli" è soltanto uno slogan, ci dice l'ex presidente dell'Istat Giovannini). E poco importa che qualche volta nella schiera di autori messa in campo da Laterza si registri qualche contraddizione. Dopotutto, l'obiettivo del libro non è fornirci la verità rivelata, ma mettere in crisi le nostre granitiche certezze.
   

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