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Erpenbeck, le mie Voci del verbo andare

Erpenbeck, le mie Voci del verbo andare

Scrittrice tedesca racconta storie immigrati africani a Berlino

ROMA, 06 luglio 2017, 15:27

di Mauretta Capuano

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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    (ANSA) - ROMA, 27 SET - JENNY ERPENBECK, VOCI DEL VERBO ANDARE (SELLERIO, PP 349, EURO 16)

Vengono dal Ghana, dal Ciad, dalla Nigeria. Sono stranieri in terra straniera, uomini e donne che dopo enormi difficoltà e tragedie sono riusciti a sbarcare a Lampedusa e poi a raggiungere Berlino, nell'autunno del 2013. Le loro voci sono le protagoniste di un romanzo al limite della cronaca, un reportage letterario immerso nel presente. E proprio "Voci del verbo andare" si chiama il libro di Jenny Erpenbeck, tra le più interessanti scrittrici tedesche contemporanee, nata a Berlino Est nel 1967 da padre poeta e narratore di origini russe e madre polacca. L'autrice, cresciuta in stretto contatto con la società intellettuale della Ddr, dopo una formazione accademica musicale e teatrale si è imposta subito all'attenzione di pubblico e critica con il romanzo d'esordio, del 1999, 'Storia della bambina che volle fermare il tempo' tradotto in Italia nel 2013.

    "Ho conosciuto un gruppo di questi africani sbarcati a Lampedusa che sono arrivati a Berlino. Per un anno e mezzo li ho frequentati e ho ascoltato le loro storie. Ho imparato molte cose da queste persone" spiega all'ANSA la Erpenbeck che con 'Voci del verbo andare', pubblicato da Sellerio nella traduzione di Ada Vigliani, è stata tra i protagonisti dell'ultima edizione del Festivaletteratura di Mantova. "Mi ha colpito - racconta - un ragazzo che aveva perso il padre e non poteva più tornare a casa, quindi è stato spedito a Lampedusa. Non sapeva più chi era quando è sbarcato. Era per se stesso uno straniero. Con la morte del padre e quello che aveva dovuto sopportare, aveva perso la sua identità e una volta perduta è molto difficile recuperarla in terra straniera".

    Accampati in una piazza del quartiere Kreuzberg, i quattrocento stranieri arrivati a Berlino vengono sgomberati dalla polizia e mandati nella zona orientale della capitale.
    Avranno vitto e alloggio e anche un corso da frequentare per imparare la nuova lingua ma la strada è tutta in salita tra gabbie burocratiche, difficoltà economiche ed esclusione sociale. A entrare in contatto con loro, quasi per caso, è il filologo classico in pensione Richard, vedovo e senza figli che si immergerà nella loro così diversa visione del mondo, in un dialogo dove ci sono gli ideali ma anche la sopravvivenza.

    "Che cos'è una scuola araba? Abbiamo imparato a memoria il Corano. Tu sai il Corano a memoria? Non tutto, solo i tre quarti, più o meno" viene detto in uno dei dialoghi fra i protagonisti del libro.

    "Non c'è più tempo per riflettere. Comunque le persone verranno, tanti moriranno ancora. Dobbiamo vedere come gestire anche il nostro benessere - sottolinea la Erpenbeck - perché sia che lo vogliamo sia che ci opponiamo continueranno ad arrivare tante persone che soffrono. Ogni confine è di per se una forma di chiusura. Se non si trova un equilibrio la situazione si evolverà nel bene e nel male, comunque. I politici dovrebbero sedersi attorno ad un tavolo e cambiare gli accordi della Convenzione di Dublino sui diritti di asilo" sottolinea la Erpenbeck che si è imposta sulla scena letteraria internazionale con il pluripremiato 'Di passaggio'.
   

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