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Muhammad Ali, il più grande

Muhammad Ali, il più grande

Torna in libreria l'autobiografia del campione icona di un'epoca

ROMA, 24 agosto 2016, 13:27

Elisabetta Stefanelli

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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 MUHAMMAD ALI - IL PIU' GRANDE (Mondadori, pag. 597, euro 19,00). ''Sottoposto ad un bombardamento del genere, un pugile può perdere il senso del tempo, avere cioè l'illusione che il tempo si sia fermato, e una frazione di secondo rischia di sembrargli un minuto. Quando invita i suoi muscoli a prendere decisioni, decisioni automatiche, condizionate da anni di allenamenti e di esperienze, se ancora ha i riflessi può riuscirci in una frazione di secondo. Ma se cervello e muscoli sono intorpiditi, le illusioni prevalgono e le decisioni arrivano troppo tardi''.
    Dopo un lungo periodo di forzata inattività, per la sua scelta di non andare a combattere in Vietnam, Muhammad Ali sfida se stesso e sale sul ring di una palestra per incrociare i pugni con Jeff Merritt ''nuovo e solido peso massimo'', nel pieno delle forze. E' la sfida della sua vita, la sfida da vincere, che ogni volta aveva il nome di un ''dinosauro'', un peso massimo, come Jeorge Frazier, e l'ultima, drammatica, con George Foreman in Zaire. Ma l'autobiografia del campione, nato Cassius Clay, e scomparso a 74 anni lo scorso 3 giugno - uscita per la prima volta nel 1975, all'apice della carriera, e curata da Toni Morrison - , è proprio il racconto della sua continua battaglia, sportiva, sociale, razziale, religiosa, politica. La voglia di stendere l'avversario, con le parole e con i pugni, o dalle parole trasformate in pugni senza mezzi termini, con determinazione e cuore. Da ragazzo non ha dubbi, da subito, che la boxe è il suo destino - e il padre raccontava che da neonato gli avesse rotto due denti con un pugno - ma la vera svolta viene dopo la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Roma del 1964. E non è l'oro a portarla ma l'episodio di violenza subita che segue. Crede infatti Cassius di essere un campione americano, solo questo, ed invece - con tanto di medaglia al collo - viene cacciato malamente da un locale per soli bianchi dove voleva semplicemente cenare e rischia anche la vita e la carriera inseguito da un'orda di motociclisti neonazisti. Getta la medaglia d'oro nel fiume e inizia la sua battaglia per i diritti dei neri. Arriva la conversione all'Islam, lascia il nome ''da schiavo'' per chiamarsi Muhammad Ali, sposa una donna nera e osservante, sfida la nazione intera e decide di non andare a combattere in Vietnam, una guerra contro un popolo che non gli ha fatto nulla. Una decisione che gli costerà moltissimo, da tutti i punti di vista, che lo porta sull'orlo del baratro, fisico ed economico. E lo costringe ad una lunga battaglia legale e ad un lungo confronto interiore. Tiene duro Muhammad, il ''campione del popolo'', l'uomo che quando lo chiama Bertrand Russel per congratularsi per la sua scelta di obiettore di coscienza lui, che non sa assolutamente chi sia, ne diventa amico per inconsapevole ammirazione. Solo anni dopo scoprirà chi è veramente quel suo amico. E' così Ali che ama i bambini, un uomo capace di cose grandi per puro istinto.
   

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