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Whitehead, la metaforica arte del bluff

Whitehead, la metaforica arte del bluff

Scrittore racconta partecipazione ai mondiali di Texas Hold'em

ROMA, 09 agosto 2016, 11:28

Paolo Petroni

ANSACheck

La copertina del libro di Colson Whitehead 'La nobile arte del bluff ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

La copertina del libro di Colson Whitehead  'La nobile arte del bluff ' - RIPRODUZIONE RISERVATA
La copertina del libro di Colson Whitehead 'La nobile arte del bluff ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

COLSON WHITEHEAD, 'LA NOBILE ARTE DEL BLUFF' (EINAUDI, pp. 202 - 17,00 euro - traduzione di Paola Brusasco) Autore di un bellissimo romanzo che lo ha fatto conoscere sul piano internazionale, 'L'intuizionista', ambientato nei grattacieli della sua città, cui dedica poi i saggi de 'Il colosso di New York', Colson Whitehead, scrittore 45enne nero americano laureato ad Harvard e che debuttò sul Village Voice, gioca da un po' di tempo la carta di una metafora estrema e rivelatrice, prima con un racconto di fantascienza su una città invasa dagli zombie, ora con una sorta di reportage sul mondo del gioco, del poker. la sua partecipazione al World Series di Texas Hold'em a Las Vegas diventa caustica lente per guardare all'America di oggi, alla crisi, ai suoi sogni, ai suoi fallimenti, sin dal titolo, 'La nobile arte del bluff', che potrebbe alludere alla politica come alle speculazioni finanziarie spregiudicate di questi anni.
    Il Texas Hold'em è un gioco che, inventato da alcuni biscazzieri in cerca di emozioni e sfide, approdato in tv è diventato spettacolare e di gran moda, attirando migliaia di ragazzini che lo giocano online sperando nel colpo di fortuna, imbrogliati dalle centinaia di siti assi poco puliti, chiusi da un intervento della polizia federale, così che ora i pochi rimasti pare siano puliti e continuano a attirare, con montepremi milionari, gente, specie giovani, da tutto il mondo, assieme a disperati che sperano di risollevare le proprie finanze, di riuscire a finir di pagare la casa prima che gliela pignorino, o semplicemente di poter fare la bella vita che permettono i soldi, a cominciare dall'attrarre donne.
    Nasce così un romanzo, perché questo alla fine è, visto che nasce dalla penna di un narratore di razza, scritto su commissione, su invito di una rivista del web che lo iscrive al campionato perché ne riferisca ai propri lettori. Lui prende la cosa sul serio, si è sempre sentito un ottimo pokerista dal viso impenetrabile, e comincia a allenarsi senza sosta ai tavoli di Atlantic City, a leggere manuali di successo (a fine libro c'è anche una bibliografia), a trovarsi qualcuno che lo alleni e lo provochi.
    Quindi via, a incontrare un'umanità che più varia non si potrebbe e che eppure è tanto simile nel suo puntare d'azzardo sul proprio futuro, che ha la propria sede ideale in quella Disneyland per adulti che è Las Vegas, dove arrivano prostitute, sfruttatori, imbroglioni ricchi e poveri calamitati dal miraggio di un'abbondanza che pare senza limiti, come i buffet sempre aperti. Ogni partita, dice lo scrittore, è il racconto e il vivere una storia, quindi ha qualcosa che l'avvicina alla narrativa, e come un buon romanzo ti aiuta a capire il mondo e in particolare te stesso, a andare avanti comunque, a prendere coscienza delle tue illusioni e delle tue forze, a capire che vita e realtà "sono tutte un disastro", anche perché chi ti ha messo in quella storia nel frattempo scompare (fallisce la rivista online che lo aveva ingaggiato) e questo ti spinge ancor più a vedere la tua possibilità di sfida che limiti ha. E appunto trattandosi alla fine di qualcosa che si legge come un romanzo, ecco una scrittura sapiente e piena di suspense che coinvolge sino all'ultima pagina.
   

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