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Manook, Il mio detective è come Mongolia

Esce duro e fragile 'Yeruldelgger', caso editoriale in Francia

    (ANSA) - ROMA, 19 LUG - IAN MANOOK, YERULDELGGER (FAZI EDITORE, PP 524, euro 16.50). Clamoroso caso editoriale in Francia, arriva in Italia il possente, selvaggio, cinico e romantico investigatore mongolo dal nome impronunciabile Yeruldelgger creato dal giornalista, grande viaggiatore ed editore di cataloghi di viaggi e magazine per ragazzi Ian Manook. "Il mio commissario e' duro e fragile come la sua terra, la Mongolia. Il personaggio e l'ambientazione sono la stessa cosa" racconta all'ANSA Manook del suo primo romanzo, l'esotico giallo 'Yeruldelgger. Morte nella steppa', parte di una trilogia che esce oggi per Fazi editore nella traduzione di Maurizio Ferrara.
    Manook, pseudonimo di Patrick Manoukian, 67 anni portati benissimo, di origine armene, che vive a Parigi e parla con scioltezza in italiano, con il suo commissario della squadra omicidi di Ulan Bator ha venduto in Francia - dove e' gia' uscito il secondo volume della trilogia e il prossimo ottobre verra' pubblicato il terzo - 200 mila copie e vinto in un anno 16 premi. "E' stato - spiega - il piu' premiato nella storia dei gialli in Francia. Yeruldelgger significa 'promessa di abbondanza'" e ha proprio portato fortuna allo scrittore-viaggiatore che è stato tra i protagonisti dell'ultima edizione del Festival 'Letterature' alla Basilica di Massenzio, a Roma.
    "Non mi aspettavo - dice Manook - un successo cosi' grande.
    Il 50% credo sia dovuto all'ambientazione, alla Mongolia, il resto spero sia da attribuire al mio modo di scrivere. La storia e' vicina agli intrighi dei gialli nordici, la differenza e' nello stile". Le indagini di Yeruldelgger nella misteriosa e sconfinata Mongolia lo vedranno alle prese, nel bel mezzo della steppa, con i resti di una bambina seppellita con il suo triciclo, una tragedia personale, e poi con i cadaveri di tre cinesi con macabri segni di un rito sessuale. Il tutto si intreccia con poliziotti corrotti e delinquenti neonazisti.
    "Nel 2007 ho fatto un viaggio in Mongolia e mi e' piaciuto molto il paese. La cultura sciamanica del paese da' uno spessore diverso alla morte, alla violenza. Quando ho capito questo e' diventata una delle forze principali del romanzo" dice l'autore che scrive di getto, senza un piano e senza documentarsi prima.
    "Se ti documenti troppo il rigurgito della documentazione viene automaticamente nella scrittura e non mi piace. Ho scritto senza fermarmi 600 pagine sottolineando in rosso alcune parole su cui volevo tornare. Questo garantisce alla scrittura piu' leggerezza".
    La Mongolia, continua, "sembra un paese eterno, indistruttibile ma e' allo stesso tempo molto fragile. Potrebbe sparire in 15-20 anni economicamente, politicamente e anche fisicamente. Negli ultimi 50 anni ci sono stati terremoti fortissimi". Anche il suo commissario duro, che fa pugilato, e' stato educato alla saggezza dei monaci guerrieri ha una fragilita' che "e' la linea - aggiunge - del secondo capitolo della trilogia, Les Temps Sauvages, uscito in Francia nel 2015 e del terzo romanzo. In entrambi l'ambientazione si spinge anche in altri luoghi, oltre alla Mongolia". Ed e' gia' pronto un nuovo libro, un giallo e poi "una nuova trilogia gialla con alcuni personaggi della prima e un nuovo commissario che non sara' legato a un paese. Potrebbe esserci anche Yeruldelgger" dice Manook che ha sempre scritto in questi anni senza mai finire un libro, finche' una delle sue figlie si e' rifiutata di continuare a leggere le sue pagine se non avesse portato a termine un romanzo. "Per quasi 40 anni ho iniziato libri che non terminavo mai. Ho 18-20 libri cominciati e mai finiti. Finche' la sfida con mia figlia mi ha portato a scrivere fino in fondo due libri all'anno. Scrivo dei paesi di cui mi piace la musica, apprezzo molto quella asiatica. In Mongolia c'e' il canto a due voci fatto da una stessa persona" sottolinea Manook che dopo gli attentati terroristici a Parigi non "ha intenzione di cambiare il modo di vivere" ed e' un europeista convinto anche se "l'Europa di oggi non mi piace, bisogna costruire quella politica e culturale".
   

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