ROBERT NEUMANN, ''I BAMBINI DI VIENNA'' (GUANDA, pp.214 - 16,50 euro - Traduzione di Silvia Albesano).
E' l'inverno del 1945 e Vienna è una città in gran parte bombardata, occupata dalle truppe alleate e divisa, da una parte i russi, dall'altra gli angloamericani, in cui tutti cercano di inventarsi come sopravvivere e far fronte alla fame, e prostituzione, piccoli commerci illegali, droghe o sigarette, coinvolgono anche i più piccoli. Robert Neumann, scrittore austriaco di origini ebraiche scomparso nel 1975, i cui libri furono messi all'indice dai nazisti nel 1933, costretto a rifugiarsi a Londra, questo romanzo che ha il sapore di una cronaca vera vivificata dalla necessità della speranza dal sogno possibile di un futuro diverso, lo scrisse nel 1946 e fu un successo internazionale tradotto in 18 lingue, ma poi dimenticato.
Il libro fu scritto in inglese perché ''l'autore - come spiegava in una nota - intendeva abbandonare la sua lingua madre contro le azioni compiute da altre persone che usavano la sua lingua madre'' e scegliere la lingua ''del paese che gli aveva offerto libertà''. Eppure, dei suoi tanti romanzi scritti in inglese, questo sui bambini sarà l'unico che pochi mesi prima di morire senti la necessità di tradurre, riscrivere lui stesso in tedesco, notando che è impresa ''difficile'' perché ''l'inglese con cui l'avevo scritto allora, era davvero inglese? No, non lo era''. Nel racconto vive infatti una lingua che è come fosse composta di macerie diverse, un impasto di un mondo sconvolto che all'inglese unisce slang americano, yiddish, russo, polacco, dando un particolare modernità alla sua scrittura e vitalità al suo racconto che parla del passato di un mondo e una lingua di morti, come sottolinea anche la traduttrice Silvia Albesano in una sua nota.
La storia è quella della vita quotidiana fatta di invenzioni e piccoli imbrogli di sei ragazzini che hanno trovato rifugio nella cantina di un palazzo crollato, ''un bel posticino'' dove c'è un water funzionante, che ha miracolosamente ancora l'acqua.
C'è un abile borseggiatore, Jid, un conoscitore delle possibilità del mercato nero, Goy, una quindicenne che occasionalmente si vende senza problemi con la sua amichetta Ate, ex appartenente alla gioventù hitleriana. Con loro sono il giovanissimo e angelico Curl e una bambina ancora più piccola e malata, di cui tutti si prendono cura. In questo loro mondo senza speranza, tutto contingente, dove ogni tanto fa capolino qualche speculatore senza scrupoli, un giorno arriva un reverendo nero dell'esercito Usa che li aiuterà a difendersi da chi vuole approfittarsi di loro, li nutre e si fa raccontare le loro storie, tentando di organizzare loro una fuga, un viaggio lontano, verso una qualche salvezza più a misura umana, a misura di bambino, ma in un mondo che è frutto della tragedia e della ferocia più nera, in cui ogni morale è venuta meno, i sogni sono pericolosi. I frutti della guerra sono avvelenati anche, o soprattutto, quando per ingenuità di chi viene da tutto un altro mondo, le intenzioni sono buone. Un libro che potrebbe essere terribile come la sua storia e invece riesce a restituire un briciolo di umanità e a intravedere anche nella situazione più oscura, la forza dell'istinto vitale, assieme a quella dell'illusione, necessaria per sopravvivere, almeno finché si riesce.
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