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Un processo stalinista a Bologna anni 60

Un processo stalinista a Bologna anni 60

Del Prete: intanto il Pci emiliano puntava a svolta democratica

BOLOGNA, 06 giugno 2016, 10:48

Stefano Scarpante

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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 DOMENICO DEL PRETE - "IL PROCESSO DI VIA BARBERIA" (Pendragon editore, pagine 215, 15 euro)- È una storia bolognese di cinquant'anni fa. La storia finora tenuta sepolta di un processo stalinista celebrato nella federazione comunista più importante d'Italia. E nella città che in quegli anni Sessanta si era candidata a essere il punto di riferimento della sinistra che voleva cambiare e modernizzarsi.
    La vittima di quel dibattimento a porte del partito chiuse si chiamava Mario Soldati. Un ex operaio, partigiano e comunista.
    Un comunista atipico. Che alla rivoluzione tanto di moda in quel periodo preferiva le riforme. Un amendoliano. Che il leader nazionale dell'ala moderata del Pci si portò a Bologna quando sotto le due torri il partito passò dalle mani dell'ala stalinista a quelle dei giovani riformatori.
    Il "giudice" che lesse quella requisitoria fu Guido Fanti, il leader dell'ala riformatrice dei comunisti bolognesi. Fanti era il segretario provinciale del Pci e Soldati il leader del comitato cittadino di via Barberia. Tutti e due, assieme al 'mitico' sindaco Dozza e alla sua giunta di "diamanti rossi" come la definì Camilla Cederna in un celebre articolo sull'Espresso, furono prima protagonisti e poi avversari di quella stagione in cui il partito emiliano pensò di giocare un ruolo di primo piano per traghettare tutto il Pci su una linea democratica e riformista. Tutti e due in prima fila, in queI sessanta che daranno vita al primo e unico miracolo economico italiano. Gli anni del centrosinistra in un paese che affrontava la prima rivoluzione neocapitalistica della sua storia.
    E proprio su quel sommovimento che mutava alla radice la struttura economica del paese e su quell'esperimento di governo basato sull'inedita e per certi versi "scandalosa" alleanza tra socialisti e democristiani che apriva una falla nel fronte della sinistra, che a poco a poco si interruppe il cammino comune dei riformatori bolognesi. E al posto del dialogo tornò una vecchia pratica mai cancellata nella storia della cultura comunista: risolvere i contrasti con le maniere spicce. In quel 1964, nella federazione di via Barberia il confronto sempre più duro tra le due anime dei riformatori fu risolto prendendo a pretesto una tavolata in casa di un assessore comunista. Un pranzo a cui parteciparono molti dei simpatizzanti del responsabile cittadino del Pci. E in cui si parlò di politica ovviamente. Nei fatti una riunione di frazione, peccato gravissimo nel Pci di quegli anni. Anche se la pratica degli incontri di correnti era allora un'abitudine comune a tutte le aree del Pci. Ma in questo caso a mettere pepe sulla vicenda fu il racconto delle voci che giravano in città attorno a uno degli assessori più in vista della giunta comunale: Umbro Lorenzini, accusato di fantomatiche pratiche sessuali e non solo. Quelle voci ovviamente mai dimostrate bastarono per imbastire in nemmeno una settimana "il processo di via Barberia" che condannò Mario Soldati risolvendo così ogni problema nel Pci. Ma quella relazione al comitato federale letta da Guido Fanti, nei fatti fu "la requisitoria stalinista che annunciò la fine Pci". A Bologna e in Italia.
    Il libro "il processo di via Barberia", in libreria dal 26 maggio, racconta quella storia e quegli anni attraverso le testimonianze dei protagonisti di allora ancora in vita.
    Guido Fanti fu nominato sindaco nel 1966. Mario Soldati morì in un banale incidente nel 1965, un anno dopo il processo. Con Fanti, Bologna inaugurò una stagione di grande fulgore che continuò con gli anni di Renato Zangheri a Palazzo d'Accursio.
    Poi la storia prima con il Settantasette e poi con la sconfitta sanguinosa del 1999 presentò il conto al vecchio partito.
   

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