Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

Elizabeth Strout, con Lucy in viaggio nell'animo umano

Elizabeth Strout, con Lucy in viaggio nell'animo umano

Scrittrice Premio Pulitzer, 'inorridita da Trump'

ROMA, 25 maggio 2016, 11:39

Mauretta Capuano

ANSACheck

Elizabeth Strout - RIPRODUZIONE RISERVATA

Elizabeth Strout - RIPRODUZIONE RISERVATA
Elizabeth Strout - RIPRODUZIONE RISERVATA

   ELIZABETH STROUT, 'MI CHIAMO LUCY BARTON' (EINAUDI, pag.  168, euro 17.50) E' un viaggio nell'animo umano, un romanzo sulla scrittura e l'essere scrittori, sul forte legame tra madre e figlia. Ma soprattutto è un libro sull'amore, diverso dai precedenti 'Mi chiamo Lucy Barton' (Einaudi) nel quale Elizabeth Strout ha cercato "di andare all'essenza profonda delle cose". Lucy è malata e la madre, che non vedeva da prima del suo matrimonio al quale non era presente, la raggiunge in ospedale e resta con lei per cinque giorni e cinque notti. Nella stanza in cui è ricoverata Lucy, davanti al grattacielo Chrysler, in questa situazione chiusa, da cui non si può uscire, madre e figlia si raccontano tante cose del passato e del presente e capiscono soprattutto di essersi volute sempre bene.
    "Lucy non smette mai di amare la madre e per tutta la vita sente il bisogno del suo amore. Il legame tra loro è forte nonostante tutte le difficoltà", dice all'ANSA Elizabeth Strout in questi giorni in Italia con il suo nuovo romanzo, scritto in prima persona, pubblicato da Einaudi nella traduzione di Susanna Basso, che in America è stato accolto con molto favore.
    "Non ho mai idea di cosa succeda, di cosa aspettarmi. Ho scritto 'Mi chiamo Lucy Barton' cercando di andare al midollo delle cose, mettendoci dentro tutta la verità che riuscivo a trovare e spero sia questo il motivo di un'accoglienza così lusinghiera" spiega la scrittrice Premio Pulitzer nel 2009 con Olive Kitteridge.
    Come la Strout, Lucy è una scrittrice, ma di umili condizioni. "Non è un autoritratto e la decisione ha sorpreso anche me. In una delle mie bozze, che poi è finita nel romanzo, Lucy si fermava a scuola dopo l'orario delle lezioni perché poteva stare al caldo e leggere libri che le davano tanto.
    Allora perché non fare di lei una scrittrice?" racconta la Strout. Ma una scrittrice "che non ostenta, che non ti imbroglia, che cerca - continua - di dirti qualcosa di vero sulla condizione umana. Qualcosa che nella comunicazione di tutti i giorni non trova espressione".
    Lucy, cresciuta con la famiglia in un garage, ormai sposata, madre e autrice di successo, non ha dimenticato quegli anni. La Strout, che ha sempre avuto un grande interesse per la differenza fra classi sociali, in questo libro ci mostra come Lucy partita "da una di quelle famiglie talmente povere delle zone rurali da essere emarginate dalla comunità di appartenenza, e ne esistono ancora in America, riesca ad entrare a far parte del ceto medio superiore di New York". E della corsa alla Casa Bianca: "sono inorridita da Donald Trump, mi rifiuterò fino all'ultimo di credere che possa diventare presidente" dice la scrittrice originaria del Maine, dove va sempre meno, che considera la sua casa New York. Con Lucy scrittrice la Strout si è anche un po' divertita, nonostante la sua condizione dolorosa: "l' ho messa in una specie di galleria degli specchi dove uno si riflette sull'altro" dice e il romanzo è diventato cosi' anche un libro sullo scrivere.
    Sullo sfondo, ma neppure tanto, anche il rapporto di Lucy con il padre, "talmente segnato dall'esperienza in guerra da vivere profondi conflitti interiori. Una figura molto commovente" dice la scrittrice. E poi con il marito che "resta in secondo piano ma c'e'".
    Due anni per scrivere 'Mi chiamo Lucy Barton', molto meno dei libri precedenti, con le prime stesure come sempre a mano, questo romanzo "non so se diventerà un film. Robert Redford ha preso i diritti cinematografici per 'I ragazzi Burgess', ci stanno lavorando. Ma è successo perché mi piace quello che lui fa e perché a lui piace il mio libro", conclude la Strout.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Da non perdere

Condividi

O utilizza