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"Elogio della nudità" tra tabù e piacere

"Elogio della nudità" tra tabù e piacere

Indagine di Anna Meldolesi, da Eva-Lucy a Dita Von Teese-Femen

ROMA, 01 febbraio 2016, 15:26

Paolo Petroni

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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ANNA MELDOLESI, ''ELOGIO DELLA NUDITA''' (BOMPIANI, pp. 136 - 16,00 euro).

    ''La cacciata dal paradiso terrestre non è solo una caduta, è anche una scalata verso la pienezza della vita. La nudità consente di vestirsi e di spogliarsi. Ed è insieme alla vergogna e al tabù che nasce il piacere della trasgressione'', si legge in una delle sei storie femminili, quella chiave e centrale dedicata a Eva, che Anna Meldolesi racconta, indaga e commenta in questo suo libro (con un bell'inserto fotografico) sulla nudità tra storia, cronaca e immaginario, sul come è stata vissuta e come la viviamo, specie in questi anni in cui appare dilagante e assieme contraddittoria nella sua doppia veste di esibizionismo e vergogna.

    Proprio un seducente Eva nuda dipinta nel Cinquecento è al centro di una mostra di Carlo Portelli alla galleria dell'Accademia a Firenze con la storia esemplare del suo scandalo, per cui fu a suo tempo completamente rivestita e infine, con un restauro del 2003, rispogliata. Sono queste contraddizioni, questi mutamenti nel tempo di cui parla il libro che, partendo da Eva, va da Lucy, la nostra antenata ominide vissuta in Etiopia 3,2 milioni di anni fa a Inna, una delle Femen russe che dimostrano e protestano a seno nudo contro le discriminazioni, passando per Lise Wittrock, ragazza danese incriminata a Palermo nel 1971 per oltraggio al pudore per i suoi hot pants, per Dita Von Teese artista di burlesque, per arrivare ad Anthony Weiner, deputato Usa col vizio dei selfie a sfondo sessuale, di nudi condivisi in rete. Ognuno di questi personaggi, ogni storia serve alla Meldolesi, giornalista del Corriere della Sera, per indagare e divagare sul tema, per farsi domande, inseguire curiosità, darsi spiegazioni concrete o psicologiche, capire come siamo fatti e quale sia oggi il rapporto che abbiamo col nostro corpo e, di conseguenza, con la sessualità.

Leggendo il libro, che cita arte, moda, antropologia, sociologia, ideologia e quant'altro (ogni capitolo ha un'articolata e essenziale bibliografia), si insegue il profondo mutare nel tempo delle ''regole della decenza'', come le chiama il psicobiologo Alberto Oliverio che firma la prefazione, da quando Lucy, che deriva dalla scimmia, perde la pelliccia e si ritrova a doversi coprire, non solo per il freddo, ma anche per un sentimento che nasce di intimità e vergogna. Era solo l'inizio di un processo che porta, da un lato alla nascita degli abiti e della moda, dall'altro al nudo esibito dei nostri giorni, sempre usato come provocazione, come scandalo, spesso per contestare la normalità, ma allo stesso tempo venduto pretestuosamente come attrazione, commercializzato, consumato, anestetizzato da pubblicità e media.

La Meldolesi naturalmente dedica grande spazio al nostro tempo ai mutamenti nel Novecento, e cita la storia dei bikini, per dire che oggi tutti li mettono al mare ma nessuno girerebbe in biancheria intima in città (e qui si sbagliava, basta vedere la moda giovane oggi). Come dimostrava un noto film di Dino Risi, ''Vedo nudo'', su un ossessionato Nino manfredi, il problema è che la questione non è nei tutti, tanti o pochi centimetri di pelle scoperti, ma nelle nostre teste e non solo, come si crede in quelle maschili che tramutano la donna in oggetto, ma anche in quelle femminili che tanti esperimenti, ci viene detto, dimostrano avere uno sguardo non diverso nel misurare non solo i maschi, ma altre donne, magari per valutarne le qualità di rivali. Questo anche se la rivista 'Playboy' è diventata un successo internazionale e ancora esce, mentre 'Playgirl' ha dovuto chiudere, ma, sottolinea la Meldolesi, dopo aver venduto negli anni '70, prima che il porno dilagasse sul Web, centinaia di migliaia di copie. Aggiungendo che ''le donne dal canto loro sono diventate più brave a fingere di non guardare'', mentre l'uomo ha ancora uno sguardo più diretto e esplicito.
   

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