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Van Dyck o Rubens? Il giallo di Oxford

Van Dyck o Rubens? Il giallo di Oxford

Romanzo (ma non troppo) su battaglia collezionista per la verità

FIRENZE, 05 dicembre 2015, 11:56

Stefano Fabbri

ANSACheck

La copertina del libro di Carlo Titomanlio 'Non gli ho detto del quadro di Oxford ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

La copertina del libro di Carlo Titomanlio  'Non gli ho detto del quadro di Oxford ' - RIPRODUZIONE RISERVATA
La copertina del libro di Carlo Titomanlio 'Non gli ho detto del quadro di Oxford ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

CARLO TITOMANLIO, NON GLI HO DETTO DEL QUADRO DI OXFORD (LA CASA USHER, PP. 304, EURO 17,00) Il romanzo uscito in questi giorni "Non gli ho detto del quadro di Oxford" di Carlo Titomanlio, edito da La casa Usher, racconta la storia straordinaria di un collezionista fiorentino e della sua lunga battaglia per affermare la verità su due importantissimi dipinti: la "Continenza di Scipione" di Van Dyck e un quadro di Rubens su un episodio della vita di Alessandro Magno conservato a Oxford. Titomanlio, giovane docente di storia della scenografia ed esperto d'arte riesce, con questa sua prima opera di narrativa, a far capire i molteplici aspetti della vicenda del collezionista Angiolo Magnelli che per anni si è battuto perché fosse riconosciuto che il dipinto la "Continenza di Scipione" di Van Dick era l'opera in suo possesso, mentre quello custodito a Oxford con lo stesso titolo non sarebbe di Van Dyck ma attribuibile al concittadino Rubens.
    Dopo aver incassato l'attenzione alla sua tesi di studiosi come Salvatore Settis e dello stesso Mibact, che nel 2011 ha notificato l'attribuzione a Van Dick del dipinto di sua proprietà riconoscendo che è stata "ampiamente accertata e riconosciuta l'altissima qualità artistica del dipinto", Magnelli vede ora l'intera vicenda tradursi in un romanzo nel quale molti sono i dettagli e i riscontri già messi a fuoco negli anni da lui stesso e dove i riferimenti scientifici spezzano più di una lancia a favore del collezionista fiorentino. Magnelli si riconosce nella figura del giovane mercante Angelo Morganti, che nel 1970 acquistò per 1.200 sterline la "Continenza" da un antiquario di Londra.
    Il dipinto conservato a Oxford sarebbe stato addirittura deturpato dopo il 1931, probabilmente dopo la Seconda guerra mondiale, con consistenti "tagli" della parte superiore e di quelle laterali della tela e in realtà illustrerebbe non la "Continenza" di Scipione" bensì le trattative di pace tra Alessandro e Dario. E l'ulteriore mistero è dove siano finite quelle parti tagliate, secondo il romanzo da un allora giovane aiutante del curatore delle collezioni inglesi con un passato anche nei servizi segreti. Una incisione di John Miller del 1768, infatti, riproduce il quadro nella sua interezza, consentendo di leggere molti particolari della scena che ritrarrebbe l' offerta della figlia di Dario ad Alessandro per contrattare la pace. La parte superiore tagliata raffigurava un' architrave sopra due colonne tortili vitinee che riportano alle colonne tortili donate da Costantino a papa Silvestro I e tuttora presenti in San Pietro: una rimozione che potrebbe avere un significato religioso. "Nella vite e nei suoi tralci - spiega Magnelli - viene rappresentato Cristo e il suo popolo: i grappoli sono il frutto ricco e dolce della cristianità" e il loro movimento elicoidale ascensionale e discensionale, che ricorda quello del Dna, collega il Cielo alla Terra. Che i tagli vi siano stati non sembra esservi dubbio, poiché oltre all'incisione settecentesca c'è anche una foto pubblicata nel 1931 che riporta le dimensioni del dipinto: due metri e cinque centimetri di altezza per due metri e 56 centimetri di base. Cifre molto superiori a quelle delle misure attuali del quadro: 1,83 per 2,32. "Non ho cercato questa storia, ma è lei che ha cercato me e l'ho vissuta - spiega Magnelli - da fiorentino testardo e ostinato. Ora che la verità finalmente sta emergendo, gli esperti di Oxford devono riconoscere ufficialmente che le amputazioni fatte al dipinto sono alterazioni a danno di un'opera dell'ingegno umano e come tali configurabili come reato di offesa alla pubblica fede".
   
   

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