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Chibi, in un gatto il senso della vita

Chibi, in un gatto il senso della vita

Il romanzo cult del giapponese Takashi pubblicato da Einaudi

ROMA, 16 giugno 2015, 13:23

Paolo Petroni

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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   HIRAIDE TAKASHI, 'IL GATTO VENUTO DAL CIELO' (EINAUDI, pp. 140 - 18,00 euro - traduzione di Laura Testaverde).
    La letteratura giapponese, con quel tanto di Zen che sempre conserva nel suo intimo, finisce per raccontare molto a noi occidentali, pur dicendo molto poco, grazie a una capacità di costruire situazioni, minuziose ricostruzioni quotidiane, sensazioni e impressioni che restano sospese, come spesso nella vita, lasciando spazi vuoti che si riempiono col riflesso di quel che è stato detto, magari dandogli un senso. Qui a rappresentare questo vuoto e a riempirlo è una figura enigmatica come può esserlo quella di un gatto, Chibi, animale domestico ma indipendente, capace di diventare una presenza ma che rifiuta di venir adottato, di entrare davvero in contatto con le persone.
    Questo libro, che pare sia diventato una lettura di culto e abbia un successo internazionale, non è, insomma, uno dei soliti, tanti volumi di narrativa sui gatti, in cui si tenta di spiegarli, di codificarli, e spesso si finisce per umanizzarli o farne esempi: Chibi ''non aveva affatto paura della gente.
    Doveva però essere di indole molto prudente, perché si limitava a guardare, con la coda dritta, ma non entrava mai. Se accennavo a prenderlo in braccio, di fuori, in giardino, si dava subito alla fuga. Quando provai da afferrarlo contro la sua volontà, mi morse. Non feci più niente per tentare di farmelo amico''. E comunque è la nascita di un'amicizia, una vicinanza fortemente sentita e vissuta, pur nella sua fugacità, una presenza importante, che prescinde dal resto, perché a viverla a quel modo e darle spazio e senso sono i due protagonisti, una coppia di trentacinquenni senza figli e senza un particolare amore per gli animali, anche se lei, ''sin da piccola, col fratello, catturava gamberi di fiume e lucertole d'acqua per allevarli in un acquario''.
    Non diverrà mai un loro animale, la loro gatta, che appare e sparisce di continuo, distante e come conscia di sè, ma riempie le loro vite, li porta a guardarle in modo del tutto diverso, ha a che fare col loro lavoro, interferisce con la scrittura dell'autore e del suo libro. E tanto tutto questo prescinde quasi dalla carnalità e concretezza dell'animale che quando questo, in circostanze misteriose, morirà, oltre a procurar loro un dolore profondo e straziante, continuerà ad avere una presenza fantasmatica ingombrante, si direbbe per loro, per il loro rapporto, per la loro esistenza, necessaria negli anni, tanto che ogni 11 marzo ne commemorano la scomparsa, portando un'offerta, due o tre sardine, sul luogo in cui fu rinvenuto il suo corpicino senza vita.
    L'animale come altro da sé, eppure chiave e mezzo per capire di più del mistero del nostro essere e della forza dei nostri sentimenti, in quanto parte della natura del mondo. Dopo essersi intrufolata una volta nella loro casa, Chibi vi torna in cerca di cibo o di un letto su cui appisolarsi, e diviene oggetto dei loro discorsi, delle loro premure (gli creano un pertugio attraverso cui possa sempre passare), spinge a una lettura del Principe di Machiavelli, delle sue pagine sulla fortuna e il destino che prende il suo corso come ''un fiume rovinoso'' cui nessuno può opporsi, come il gatto Chibi, come la vita. Cambiano i loro rapporti con i vicini, con la padrona di casa. Spesso il racconto divaga e parla d'altro, ma dietro tutto quella presenza non la si dimentica mai, raccontando il mutare delle stagioni, del giardino, il passare delle nuvole o il volo di una libellula.
    Tutto prosegue il suo corso e anche Chibi che troverà improvvisamente la morte. ''Era l'agosto del 1991: da non molto tempo l'economia giapponese, gonfiata ben oltre le sue reali possibilità, era scoppiata gettando il paese nel caos'' e poi, passando al personale: ''Alzai lo sguardo e vidi sul fondo del limpido cielo invernale l'olmo dei vicini, ridotto ai soli rami, ondeggiare lento nel vento, con la corteccia splendente come metallo brunito''.
   

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