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La fiaba della vita di Pepe Mujica

La fiaba della vita di Pepe Mujica

Da guerrigliero a presidente della Repubblica dell'Uruguay

TRIESTE, 23 aprile 2015, 15:01

Francesco De Filippo

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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    (ANSA) - TRIESTE, 23 APR - CRISTINA GUARNIERI E MASSIMO SGROI (a cura di), "LA FELICITA' AL POTERE. JOSE' 'PEPE' MUJICA" (EIR, pp. 281 - 16 euro). La vita di José 'Pepe' Mujica è una fiaba.     Pochi prima di lui - si ricordano gli esempi di Lula e Rousseff in Brasile - da guerriglieri rivoluzionari sono diventati presidenti della Repubblica. E se fosse un filmone americano strappalacrime non sarebbe credibile il fatto che, terminata la prigionia, Mujica rincontri Lucia Topolansky, la guerrigliera che era stata sua compagna prima che gli arresti improvvisamente li separassero. Figurarsi se addirittura fosse proprio la Topolansky, in qualità di Presidente della Camera, a conferire nel 2010 al ritrovato compagno (intanto divenuto marito) l'incarico di Capo dello Stato.
    Per quanto fiabesco, è invece tutto incredibilmente vero, e questo primo libro al mondo che porta la sua firma, lo racconta.
    Poi, se proprio bisogna scandagliare la realtà in ogni sua angolatura, la guardia d'onore al momento dell'insediamento era la stessa che, con modalità decisamente diverse, lo aveva guardato a vista per tutti i 14 anni che Mujica aveva trascorso nel 'calabozo', il fosso dove in condizioni inumane la dittatura uruguayana scaricava i tupamaros, al quale lui era miracolosamente riuscito a sopravvivere.
    Infine, José Alberto Mujica Cordano, figlio di un basco e di una donna ligure, divenne Presidente della Repubblica dell' Uruguay e il mito accrebbe ancora di più. Perché "Pepe" ha continuato a condurre la vita sobria e tranquilla che avevano contraddistinto i suoi anni dopo la liberazione: il 'maggiolino' azzurro che guida con affianco la moglie, la piccola chacra dove ha continuato ad abitare, in un quartiere rurale alla periferia della sua Montevideo. L'imponente Palazzo presidenziale con gli stucchi e gli ori, lo ha destinato infatti ad accogliere i poveri, così come ai poveri ha ceduto per l'intero mandato presidenziale - scaduto un paio di mesi fa - la maggior parte dello stipendio. Marketing politico? Operazioni di facciata? Nulla di tutto questo, soltanto semplicità e raziocinio. "Per essere liberi bisogna avere tempo: tempo da spendere nelle cose che ci piacciono, poiché la libertà è il tempo della vita che se ne va e che spendiamo nelle cose che ci motivano". E ancora.
    "Perché regalo il mio stipendio? Ho settantotto anni, dovrei forse mettermi ad accumulare soldi? Un giorno o l'altro potrei morire per un attacco di forfora e... non avrebbe senso! Te ne rendi conto? E non riesco a capire tutta quella gente che si affanna e fa qualunque cosa per accumulare denaro. L'unico motivo che mi spingerebbe ad accumulare soldi sarebbe l'esistenza di un mercato dove poter comprare la vita".
    Non si tratta del vecchio ribelle che alle dottrine marxiste ha associato il pragmatismo contadino, Mujica ha una lucida e avanguardistica visione politica: durante il suo mandato si è occupato di legalizzazione della marijuana, matrimoni gay, lotta contro la mafia, autogestione delle imprese, rapporto tra Mercosur e paesi del Brics, Europa, mondo globalizzato, decrescita e ambiente.
    E quando Cristina Guarnieri è andata a intervistarlo, si è trovata davanti un uomo che non si volta mai a guardare il passato e che conosce bene l'Italia, la sua storia, le lotte sindacali, l'arte. Un uomo che crede nella "Felicità al potere", come lui stesso aveva detto al G20 del Brasile, nel 2012, in un discorso rimasto storico. Discorso che ora dà il titolo a questo libro. Il volume è corredato da una appendice fotografica, dalla prefazione di Omero Ciai e dalla postfazione di Donato Di Santo.
   

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