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Fattore H, tra handicap e hip hop

Fattore H, tra handicap e hip hop

Il 21enne milanese Tyrone Nigretti racconta la sua storia

ROMA, 17 aprile 2015, 12:25

Marzia Apice

ANSACheck

La copertina del libro di Tyrone Nigretti 'Fattore H ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

La copertina del libro di Tyrone Nigretti  'Fattore H ' - RIPRODUZIONE RISERVATA
La copertina del libro di Tyrone Nigretti 'Fattore H ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

TYRONE NIGRETTI, "FATTORE H - SLALOM DI UN DISABILE DELLA NOSTRA SOCIETA'' (Rizzoli, pp. 202, 15 Euro). Abbattere le barriere architettoniche per eliminare anche quelle mentali, e non viceversa: già ottenere questo sarebbe un grande passo in avanti per agevolare la vita complicata dei disabili nel nostro Paese. E poi bisognerebbe capire che il primo difetto di chi è spastico non è il limite fisico, ma è quello di non riuscire a nascondere le proprie emozioni. A leggere il libro-biografia "Fattore H. Slalom di un disabile nella nostra società" (Rizzoli) scritto dal ventunenne milanese Tyrone Nigretti si ha spesso la sensazione di essere presi a schiaffi. L'autore infatti offre tanti input, ma prima di tutto desidera urlarli e solo dopo raccontarli e spiegarli.
    Perché, se come lui si è condannati sulla sedia a rotelle a causa di una malattia che già dal nome fa paura, la tetraparesi spastica, anche la sola idea del futuro può spaventare. La storia di Tyrone gela il sangue nelle vene: dal primo momento in cui ha messo piede in questo mondo - prematuramente, dopo soli cinque mesi e mezzo di gestazione - la vita lo ha messo di fronte a prove più grandi di lui. Un ictus mentre era ancora in culla (causa del suo handicap), una madre alcolizzata e tossicodipendente, un padre naturale assente e uno acquisito eroinomane e malato di AIDS. E poi, l'apprendimento "forzato" di cosa significhi essere succubi della droga e dell'alcool prima ancora di aver elaborato la sua stessa malattia, la vita in una periferia metropolitana disagiata, scandita dalla precarietà, non solo economica ma anche affettiva, il restare orfano a 15 anni, i pregiudizi degli altri e la finta pietà che bruciano sulla pelle e sull'anima. Il libro racconta questo, ma anche molto altro. C'è infatti il giusto spazio per il carattere spigoloso ma "resiliente" di Tyrone, la scoperta della musica rap e hip hop come ancora di salvezza, l'urgenza di comunicare attraverso la scrittura, i desideri di un ragazzo, l'amore, l'amicizia, la paura. La sua scrittura, come dimostra questo libro pieno di parolacce e punti esclamativi, arriva di getto e dal profondo per offrire al mondo la "testimonianza" di una vita che ha bisogno di esprimersi solo perché ne ha il diritto. Da qui nasce il fattore H del titolo: H come handicappato, certo, ma anche come hip hop. Una H per dare ai disabili "una definizione pulita", che sia "libera da ogni preconcetto". Duro, senza peli sulla lingua, spesso disincantato, anche troppo: ma non è certo la rabbia la parte più interessante di questo racconto-fiume in prima persona. In un ragazzo con la storia di Tyrone, la rabbia fa parte "del pacchetto", te la aspetti, in un certo senso è connaturata. Ma è quel modo innocente di esibire la fragilità, senza troppi filtri né costruzioni mentali, che disarma e commuove chi legge. Gli spiragli di luce che si leggono tra le righe, i ragionamenti pieni di buon senso, la voglia di lottare contro chi non vede perché ha troppi paraocchi, il desiderio sfrenato di prendere in mano la sua vita senza sentirsi in colpa, né migliore né peggiore degli altri, ma solo se stesso e rispettando la propria natura: sono questi i motivi per i quali vale la pena di leggere questo libro, e per uno che ha appena cominciato a scrivere non sono pochi.
   

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