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La boxe secondo Joyce Carol Oates

La boxe secondo Joyce Carol Oates

Il suo classico saggio e altri scritti in nuova traduzione

ROMA, 28 marzo 2015, 17:10

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Paolo Petroni) JOYCE CAROL OATES, ''SULLA BOXE'' (Ed. 66THAND2ND, pp. 236 - 17,00 euro - Traduzione di Leonardo M. Pignataro).
    ''La boxe professionistica è l'unico grande sport americano le cui energie primordiali, e a volte omicide, non sono deviate con falso pudore da oggetti come palle o dischetti di gomma'', scrive Joyce Carol Oates, definendo il pugilato ''la più primitiva e terrificante delle competizioni'' in apertura del suo scritto ''Il più crudele degli sport''. Si tratta di uno dei nuovi interventi che arricchiscono il celebre saggio ''Sulla boxe'' di questa grande scrittrice americana, che torna appunto con varie appendici a 27 anni dalla sua prima edizione italiana, proposta nel 1988 dalle edizioni E/O.
    La boxe non va, per la Oates, considerata metafora di qualcos'altro, la boxe non è come la letteratura, la boxe ''pretende di essere superiore alla vita perché, idealmente, è superiore a ogni evento fortuito. Nella boxe non c'è niente che non sia del tutto voluto'', e ancora ''una delle cose principali che caratterizza la boxe è la menzogna'', suggerisce sempre la famosa scrittrice americana, donna all'apparenza minuta e fragile, molto distante da ogni idea di violenza, ma che ha frequentato gli incontri sin da ragazzina, appresso a suo padre e a un pugile che del padre era caro amico e le ha insegnato a capire cosa veramente fosse quello sport particolare.
    Le sue storiche pagine sulla boxe così sono una personale riflessione, quasi un monologo per spiegare a se e agli altri cosa nasconda e davvero sia, raccontando certo, ma soprattutto costruendo idee, riferendo suggestioni, suggerendo spunti di riflessione che hanno un loro fascino ancora oggi. Osserva e commenta questo sport con attenzione, partecipe e mai colpevolizzante, anzi denunciando come ''in America nessun altro sport o attività abbia subito attacchi così persistenti e infervorati, per ragioni sia morali che di altro genere'' e portando esempi su esempi di incontri storici, come insinuando che sia il più fortemente omosessuale degli sport nell'esaltazione di tanta fisicità solo maschile. E assieme molto primitivo, come lo sono la nascita, la morte e il sesso ''ricordandoci che le esperienze fondamentali, di noi esseri fondamentalmente spirituali, sono eventi fisici''. Così questo volume, esplorazione di una donna dell'universo maschile, contiene anche i suoi scritti su Mike Tyson, su Muhammad Alì ''il più grande'', su Jack Johnson, sull'incontro tra Joe Luis e Max Schmelling, pagine tutte che diventano, non meno, anzi meglio di certi suoi romanzi, illuminanti sulla cultura e la società americana, sulla fondazione dei suoi miti, sul rapporto tra bianchi e neri, sulla competitività estrema e il farsi da sé, sul selvaggio West, sulla passione per i soldi e il successo. ''Come tutte le azioni umane estreme ma effimere, la boxe eccita non solo l'immaginazione dello scrittore, ma anche il suo istinto a farsi testimone'' e ''nessuna altro soggetto è così intensamente personale per lo scrittore'', perché tutto sta in quello che la scrittrice chiama il paradosso della boxe, uno spettacolo dal fascino ossessivo basato sulla prestanza fisica e esperienza emotiva impossibile da esprimere a parole: ''una forma d'arte che non ha analoghi naturali nelle arti'', visto che ''ogni incontro di boxe è una storia, un dramma senza parole, irripetibile e estremamente condensato.
    Anche quando non succede niente di speciale. In quel caso il dramma è puramente psicologico''.
   

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