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Segalen, in Cina alla scoperta di sé

Segalen, in Cina alla scoperta di sé

Lo scrittore francese che inseguì Gauguin e scoprì l'altro

ROMA, 15 dicembre 2014, 12:47

Paolo Petroni

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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VICTOR SEGALEN, ''EQUIPEE. DA PECHINO AL TIBET'' (ELLIOT, pp.128 - 16,00 euro - traduzione e cura di Antonio Veneziani)

Medico di bordo sulla nave La Durance Victor Segalen si è imbarcato per raggiungere Paul Gauguin alle isole Marchesi, ma quando vi giungerà, dopo varie traversie, il pittore francese ''che dipinge cavalli rosa'' è morto da tre mesi, l'8 maggio 1903 in povertà e perseguitato dalla legge.

    Segalen correrà a Papeete, dove l'amministrazione coloniale mette all'asta i miseri beni di Gauguin, e ne acquista la tavolozza sporca di colori, alcuni quadri e disegni, due sculture di legno.

    Saranno tutta la vita come talismani della sua scelta, all'ombra dell'amato pittore che prima di lui aveva difeso la diversità e la purezza dei popoli delle isole, di rifiuto di ogni esotismo in nome di una verità, di una sorta di ''estetica del diverso'' come l'ha chiamata Valerio Magrelli, alla ricerca-scoperta dell'altro nel mondo della Polinesia e della Cina. Segalen (1878-1919) divenne così scrittore e denunciò le storture del colonialismo nel romanzo ''Les immemoriaux'' (pubblicato sotto lo pseudonimo di Max Anély) nel 1907, partendo pochi anni dopo per la Cina, mondo da cui restò affascinato e sedotto, ma sempre cercando di non perdere il proprio sguardo, la propria attenzione, quasi immedesimandosi nella diversità e arrivando a scrivere prose e poesie secondo stile cinese e ispirazione taoista (''Peintures'' e ''Odes''). Da ricordare poi il suo ''Orphée-Roi'' scritto come libretto per Debussy e, postumi, il romanzo ''René Leys'' e le ''Lettere dalla Cina''.

    Rare, e solo presso piccoli e raffinati editori (Il Melograno, Meltemi, Guanda, Jaca Book) le traduzioni in italiano di sue opere. Ora Elliot manda in libreria un testo che uno studioso dell'Oriente come Fosco Maraini, un viaggiatore come Bruce Chatwin, un giornalista scrittore quale Tiziano Terzani hanno considerato un preciso punto di riferimento. E' la cronaca di una spedizione archeologica attraverso la Cina e fino in Tibet, ma è anche molto altro, perché Segalen in queste pagine, non solo ci racconta quel che incontra e vede.

    Riflette sulla vita e il viaggiare, lavora sulla scrittura: ''il mio viaggio - si legge - prende decisamente il valore di un'esperienza genuina: un confronto vero e proprio sul terreno dell' immaginario e del reale, tutto visto con gli occhi del poeta'', un poeta irrequieto, un letterato singolare, anche per questo esemplare. Nasce così una prosa poetica di densità filosofica (tradotto ottimamente da un nostro poeta come Antonio Veneziani), un testo che non smette mai di interrogarsi e addentrandosi nel mistero delle risposte impossibili, e, come nell'inoltrarsi in quelle zone che sulle carte geografiche risultano bianche (inesplorate), così avanza cercando se stesso e il bandolo di un senso.

Ecco i fiumi, i gorghi, le rapide: ''E' tutto una baraonda, uno scompiglio, un pugilato che non ha pari quando i mulinelli a candela, i vortici e le girandole giungono a scuotere e far 'tossire' con i loro colpi contraddittori le piatte tavole del sampan... Veramente 'non immaginava' tutto questo... Eppure, dalla nozione raccolta in sé, immobile, imparata, dalla 'lezione', si può, sul fiume, passare alla viva esperienza, senza disinganno, o almeno la cosa, forse per caso, una volta ha potuto verificarsi''.
   

E così momenti esemplari, come l'incontro col corpo del santo morto martirizzato al confine tra Cina e Tibet, che coinvolge e respinge assieme: ''ma ecco quel che ho visto: una carogna.

    Gloriosa sì, e lo so, ma prima di tutto e per sempre una carogna''. Sempre mettendo avanti a tutto un'ansia di conoscenza, che sfiora il misticismo, che ci può apparire attratti misterica ''in questo doppio viaggio'' sempre in bilico tra immaginario e reale.

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