(di Paolo Petroni).
(ANSA) - ROMA, 2 OTT - STEFANO SGAMBATI, 'GLI EROI
IMPERFETTI' (MINIMUMFAX, pp. 278 - 15,00 euro).
''Col tempo mi sono fatto l'idea che per quell'uomo non si
trattasse d'altro che di un passatempo. C'è chi va a cavallo;
lui si divertiva a tormentare gli altri. Forse agiva per
invidia, per gelosia: o forse lo muoveva la pura cattiveria. Una
cosa è sicura: Gaspare quello che faceva lo sapeva''. E'
Gaspare, che durante una normale cena a casa di Corrado e
Carmen, seguendo le regole di un inopinato Gioco della verità,
dopo che la padrona di casa ha raccontato di aver ucciso un
cagnolino da ragazzina, racconta qualcosa di sconvolgente e
segreto relativo a sua moglie, trovata morta sull'argine del
Tevere anni prima, sconvolgendo i suoi ospiti. Gaspare è cliente
dell'enoteca di Corrado a Ponte Milvio, io narrante col quale ha
stretto rapporti amichevoli tanto da essere l'unico single mai
invitato a casa, e del quale sconvolge così la tranquillità, la
serenità della vita quotidiana.
Il romanzo di Sgambati, classe 1980, napoletano che vive a
Roma, è intrigante e ben scritto, ha l'andamento sinuoso e
insinuante appunto di un procedere quotidiano di chi vive con
coraggio la vita di tutti i giorni, quella fatta di abitudini,
silenzi, rapporti formali. Sono gli eroi imperfetti del titolo,
''gli stakanovisti della vita'', che ''si sposano e poi tornano
a casa insieme, restando zitti durante la salita in ascensore''.
Quindi si legge volentieri e crea qualche suspance, anche se poi
nel finale appare un po' irrisolto. Ed è questa quotidianità che
pare precaria, insidiata, dall'emblematico continuo crescere del
livello del Tevere, che si gonfia di giorno in giorno
minacciando di uscire dagli argini.
Protagonisti del racconto pian piano diverranno Gaspare, che
ha anche lui un negozio a Ponte Milvio, e sua figlia Irene, una
bella ragazza insofferente e problematica che vive male, ha
tentato il suicidio e cerca di sfuggire al proprio malessere
lasciandosi andare a una vita sessuale perlomeno disordinata e
libera, plasmata, condannata dalla nevrosi di sua madre e da
quella sua fine tragica. Con loro lo sfortunato Matteo, libraio
innamorato della giovane con cui sente di avere delle affinità
elettive (oltre un simbolico legame per aver assistito a suo
tempo al recupero del cadavere della madre dal fiume) e che
tenta disperatamente di contenerne i costumi libertini e
l'inclinazione all'alcol, oltre a cercar di far luce sul segreto
inquietante che sta dietro la morte di sua madre.
Il tema vero è allora il rapporto figli e genitori, che anche
Matteo ha un padre che lo ha lasciato inquieto e preda di
rabbie, di furie latenti e improvvise, con una dura conclusione
icastica: ''La forma dei genitori preme sotto la pelle dei figli
e li degenera. L'immagine e la somiglianza fanno intenerire
nella culla, poi diventano una condanna'', che potrebbe far da
epigrafe al romanzo. E quando i nodi verranno al pettine,
Gaspare dirà chiaro a Corrado e Carmen: ''Che ne sapete voi dei
figli!''. Via via si sente la marea che cresce, il livello di
guardia che rischia di essere superato, e la cronaca si insinua
ambigua e violenta come lo stupro di una ragazza. (ANSA).