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Razzismo e black power, documentario sull'America

Che fare quando il mondo è in fiamme? Di Roberto Minervini in sala il 9/5

  ''We want Justice, Now! We want justice: Now! We want justice: Now!''. E ancora, scandito ad alta voce come un mantra, lo slogan:''Black Power! Black Power! Black Power!''. Questi i due tormentoni che colpiscono di più in 'Che fare quando il mondo è in fiamme?' (What You Gonna Do When the World's on Fire?), documentario italiano di Roberto Minervini già in corsa per il Leone d'oro in questa 75/ma edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, in sala dal 9 maggio. A dire queste frasi uno sparuto e motivato gruppo di donne e uomini dei 'New Black Panthers Party for Self-Defense' che, a pugno chiuso, pattugliano le strade di Baton Rouge (Louisiana) capeggiate dalla tonica responsabile nazionale: Christa Mohammed.
    Questa sola una della parti della riflessione sullo stato del razzismo in America girata da Minervini in un artistico bianco e nero nell'estate del 2017. Un momento davvero molto incandescente perché subito dopo una serie di brutali uccisioni di giovani africani (quelle di Alton Sterling e Philando Castile) da parte della polizia che allora ebbe un grande eco in tutti gli Stati Uniti.
    Grande cura estetica e rigore in questo documentario-film in cui ogni personaggio racconta la sua personale battaglia. E' il caso dell'affascinante Judy Hill, trascorsi di droga nel suo passato, e ora la sola volontà di sopravvivere con la sua famiglia perché il bar che gestisce è minacciato dalla crisi economica e, ancor più, dalla gentrificazione.
    Ronaldo e Titus sono invece due giovanissimi fratelli che sembrano usciti da un film di Pasolini e che crescono in un quartiere pieno di violenza, tra giochi di pallone e fughe nella periferia, mentre il padre è in prigione.
    Infine Kevin, Big Chief della tradizione indiana del Mardi Gras, alle prese con le perline colorate e gli allestimenti di questa festa che raccoglie migliaia di persone a New Orleans. Di scena il travestimento in onore ai nativi americani fatto dalle varie tribù, se ne contano 38. Una manifestazione di orgoglio di una razza spazzata via dalla colonizzazione europea che si manifesta in maniera pacifica: una sorta di canto e ballo di combattimento, ma senza nessuno vero scontro.
    Tra le scene più bizzarre del docu-film quella che vede uno sparuto gruppo di persone, poco più di una famiglia, per le strade delle Louisiana in giro con delle biciclette piene di vistosi led luminosi che rivendicano il loro diritto a non andare via, a non essere sfrattati.
    
   

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