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Cafarnao, la vita durissima degli 'invisibili'

Da Labaki film capolavoro su infanzia disperata e spose bambine

Bambini che non vanno a scuola ma lavorano e vivono in strada da mattina a sera; famiglie numerose e poverissime dove può capitare di 'vendere' una figlia 11enne come sposa bambina; migranti che sognano una nuova vita, e una ribellione: quella del 12enne Zain che fa causa ai genitori, per averlo messo al mondo condannandolo a una vita di privazioni. E' il luogo di ingiustizie e confusione, fra i bassifondi più poveri di Beirut raccontato da 'Cafarnao - Caos e miracoli' della libanese Nadine Labaki, in sala dall'11 aprile in circa 100 copie con Lucky Red. Il film, premio della Giuria a Cannes 2018, è stato in gara agli Oscar come miglior film straniero. La regista tornerà quest'anno sulla Croisette come presidente della giuria di Un certain Regard.
    Cafarnao mette in scena un affresco di un'attualità durissima realizzato con un cast interamente di non professionisti, composto da persone che hanno tutte un vissuto vicino a quello dei personaggi del film. Nadine Labaki ha iniziato a girare dopo tre anni di ricerche fra periferie, tribunali e prigioni, parlando con decine di famiglie e bambini. "Il film ha creato molto dibattito nel mio Paese - spiega la regista -. Ora sento di dover andare avanti, dando vita a una sorta di movimento, perlomeno in Libano. Voglio organizzare proiezioni del film per il governo e i giudici, e attivare poi dei tavoli di confronto in cerca di soluzioni per aiutare queste fasce sociali. Non so se avremo successo, forse sono ingenua, ma penso sia mio dovere".
    Protagonista della storia è il piccolo Zain (Zain Al Rafeea, che nella realtà è siriano, ed è scappato dalla guerra con la famiglia rifugiandosi in Libano) che lavora da ambulante e garzone nelle strade di Beirut. Si rivolta contro i genitori e fugge via quando questi vendono la sorellina di 11 anni Sahar, come sposa bambina al giovane padrone di casa. Il bambino viene accolto da Rahil (Yordanos Shiferaw), giovane immigrata kenyota che rischia di essere rimpatriata, e mamma di un bellissimo bimbo di un anno, Yonas. Insieme formano per poco una nuova famiglia, finche' le cose precipitano e Zain, finito in prigione per un crimine, decide di fare causa ai propri genitori che l'hanno condannato a una vita da 'invisibile'.
    "Quando si lavora con i bambini bisogna dargli spazio e avere pazienza. Alla fine avevamo oltre 500 ore di girato e un primo montaggio di 12, che abbiamo ridotto a due". Il film affronta anche un tema drammatico come quello delle spose bambine: "Sono stata scioccata dallo scoprire che i numeri ufficiali non sono niente rispetto alla realtà. Quando abbiamo discusso con madri e padri, abbiamo capito che queste situazioni sono molte di più di quante pensassimo, c'è ancora chi le considera parte della cultura e della tradizione. In realtà non sono matrimoni, ma transazioni economiche, con un passaggio di soldi - aggiunge la cineasta -. E' una piaga sulla quale i governi non vogliono indagare". Nella storia del film "Zain alla fine è una sorta di messia, di salvatore. Volevo fosse la voce dei bambini senza voce". Il primo risultato importante per la regista, è stato creare una fondazione che aiutasse tutti i bambini e le famiglie che recitano nel film: "Ad esempio Zain, ora vive, grazie all'intervento dell'Unhcr, con la famiglia in Norvegia e va per la prima volta nella sua vita a scuola. Sta iniziando la sua infanzia. Tutti i piccoli interpreti del film ora vanno a scuola". Con il suo cinema, la regista, vuole continuare a indagare la realtà: "La considero una responsabilità, soprattutto quando hai la sensazione di vivere in una regione maledetta. In realtà l'intero mondo sta diventando un cafarnao".(ANSA).
   

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