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Un americano a Parigi, ottimismo e musical

Un americano a Parigi, ottimismo e musical

Restaurato il classico di Minnelli con Gene Kelly e Leslie Caron

ROMA, 31 maggio 2016, 15:34

Francesco Gallo

ANSACheck

 Aria di dopoguerra, ottimismo e musical e, infine, anche un'Europa un po' da operetta vista dallo sguardo americano. Sarà stata forse questa la formula vincente di 'Un americano a Parigi' di Vincente Minnelli che dal 9 giugno torna in sala restaurato con Cinema di Valerio De Paolis. Vincitore di sei Premi Oscar e considerato dall'American Film Institute tra i cento film americani più importanti della storia, è ricordato anche per le canzoni (cantate oltre che da Kelly anche dallo 'chansonnier' Paul Guétary). Ovvero classici come 'Our Love Is Here To Stay', 'S'Wonderful', 'Embraceable You', 'Stairway To Paradise', 'I Got Rhythm'. I balletti di Kelly, poi, davvero straordinari se si considera la fisicità massiccia del ballerino-attore-coreagrafo, sono ambientati in scenografie che richiamano i grandi quadri impressionisti come Renoir, Monet e soprattutto Toulouse-Lautrec. La storia è nota. L'americano Jerry Mulligan, finita la guerra, è rimasto a Parigi per dipingere. Vive in un localino dove il letto e il tavolino rientrano nel soffitto e nella parete (come si vede nella prima scena del film) e va a esporre i quadri, che nessuno compra, a Montparnasse. Viene abbordato da una ricca, attempata americana che gli compra due quadri. Ma poi finalmente conosce la giovane e graziosa commessa della quale si innamora, senza sapere che la ragazza sta per sposare il suo amico Paul. Un altro personaggio del musical è il musicista-genio (Levant), che suona tutti gli strumenti dell'orchestra. Alla fine, come capita in tutte le più belle favole, tutto va a posto. L'amore trionfa.
    Divertente andare a pescare nelle recensioni dell'epoca e non.
    "Nell'ultimo scoppiettante ballo, realizzato sulle note di una brillante colonna sonora di Gershwin, orchestrata con la sua suite American in Paris, la piccola ballerina e Gene Kelly raggiungono il culmine delle emozioni. È incontestabilmente il punto più alto del film" diceva Bosley Crowther nel New York Times del 5 ottobre 1951.
    Frédéric Laclos nel 1952 sui Cahiers du Cinéma scriveva invece: "L'omaggio più riuscito che uno straniero abbia mai reso a Parigi". Infine, tornando all'oggi: "La musica geniale di Gershwin, una cascata di pietre preziose, scritta più di vent'anni prima, classica e jazz al tempo stesso, archetipo della musica americana. I dialoghi sono di grande finezza e spesso molto divertenti. Gli attori sono al massimo e anche i ruoli secondari sono formidabili. E poi c'è la danza, di una fantasia, di una esuberanza e di una poesia folli. Qui Gene Kelly prova che è veramente il più grande ballerino, attore, coreografo di tutti i tempi. Riempie lo spazio e il suo carisma buca lo schermo", questa l'opinione di Marianne Spozio in aVoir-aLire.com.
   

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