Egiziani e colonialisti intenti a
realizzare oleodotti per sfruttare i giacimenti petroliferi
dell'Africa dopo l'apertura del Canale di Suez nel 1871,
schiavizzando le popolazioni locali e trasformando un
incontaminato deserto di dune in una selva di pozzi per estrarre
l'oro nero. E' l'ambientazione scelta dalla regista argentina
Valentina Carrasco per riproporre ieri sera a Macerata la nuova
produzione di Aida di Verdi, che cento anni fa inaugurava lo
Sferisterio come spazio lirico, ottenendo i lunghi applausi di
un'arena sold out, andati anche Maria Teresa Leva (Aida),
Luciano Ganci (Radames) e Veronica Simeoni (Amneris), sia a
scena aperta che sul finale, assieme ad Alessio Cacciamani
(Ramfis), Marco Caria (Amonastro) e al Coro Lirico Marchigiano
'Vincenzo Bellini', preparato da Martino Faggiani. Per Carrasco,
con un passato nella Fura dels Baus, è infatti evidente "che non
può esistere alcuna preoccupazione filologica nella messinscena,
perché il mondo descritto dal libretto e dalla musica dell'opera
è del tutto inventato. Aida illumina infatti il momento della
nascita dello sviluppo industriale e della necessità di
possedere le materie prime per sostenerlo, che Verdi pur
trovandosi a musicare una vicenda millenaria, non poteva
ignorare".
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