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A Spoleto Mussolini si difende in scena

Un'inquietante serata sul Duce che fa molto riflettere sull'oggi

"Governeremo trent'anni", dichiara Mussolini da poco al governo rispondendo ai suoi avversari e tutti gli spettatori hanno ancora nelle orecchie l'identico, recente proclama di Matteo Salvini a Pontida, mentre Emilio Gentile, docente di storia contemporanea alla Sapienza di Roma e uno dei maggiori studiosi oggi del fascismo, sottolinea che "quando si mette in moto un movimento populista forte, la storia ci insegna che a un certo punto nessuno riesce più a fermarlo, e se i fondatori cercano di frenare sono trattati da traditori". Così diventa subito molto inquietante la serata al Festival di Spoleto 'Mussolini: io mi difendo' curata da Corrado Augias, che fa il conduttore, con Gentile a far da pubblico ministero e confutare quel che racconta Massimo Popolizio, che interpreta il Duce usando quasi totalmente parole originali, tratte da documenti e discorsi.

Mussolini usa argomenti e frasi in parte ricavati da quel che ha detto durante il ventennio e prima e in parte dalle carte quasi inedite che lui stesso aveva preparato alla fine, pensando di doversi difendere davanti a un tribunale americano, cui sperava di potersi consegnare, oltre che da mille altri suoi documenti. Gentile sottolinea anche, a un certo punto, come il governo messo su da Mussolini "per disfarsi della vecchia classe politica, definita corrotta e incapace, fosse composto da persone vicine a Mussolini e ai Fasci totalmente prive di qualsiasi esperienza dell'amministrazione della cosa pubblica". E mentre la serata al Teatro Nuovo va avanti, risulta evidente come, a rivelare le vere intenzioni e la mentalità del Duce, come di chiunque altro, più dei contenuti, delle frasi a effetto o delle promesse di azioni anche talvolta giuste, sia il linguaggio usato, perché le parole, la sintassi sono vera sostanza ed è anche smontando quelle che si smontano e rivelano le menzogne, in questo caso del Duce che parla di quel che ha fatto, del sostegno popolare che lo acclamava anche quando fece la dichiarazione di guerra, degli oppositori da eliminare in quanto nemici della patria come Matteotti o i fratelli Rosselli, con la morte dei quali comunque sostiene di non c'entrare nulla.

La vicenda sua e del ventennio fascista viene affrontata attraverso momenti chiave, dalla fondazione dei Fasci nel 1919 al Gran consiglio del 25 luglio 1943, quando Mussolini venne destituito e arrestato, passando per la Marcia su Roma, che il re non volle bloccare e che un fascista allora come Maccari prendeva in giro dicendo 'O Roma o Orte'; il delitto Matteotti, l'abominio delle leggi razziali del '38, la disastrosa entrata in guerra. Una rievocazione utile e interessante, anche se in scena le parole di Mussolini hanno la forza che dà loro un attore come Popolizio, mentre le argomentazioni del professor Gentile sono razionali, puntuali, ma discorsive e forse si sarebbero dovute scrivere bene e affidare a un altro grande attore. Certo le risate acide ogni tanto e certi sussurri come brividi che percorrono la platea più volte fanno molto riflettere, fatte ovviamente e per fortuna le doverose differenze, su quel che sta accadendo oggi nel nostro paese, sui disastri e sulle inconcludenze del parlare alle pance e non alla testa della gente, di sfruttare odi e paure create ad arte, sfruttandone l'ignoranza invece di puntare su educazione e crescita delle persone. Così alla fine molti applausi, ma gli spettatori si vedono uscire o silenziosi, pensosi, o che discutono animatamente, proprio come dovrebbe capitare con ogni buono spettacolo teatrale.

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