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A Spoleto una trascinante Beggar's Opera

A Spoleto una trascinante Beggar's Opera

Il regista Carsen rivisita il lavoro di Gay che ispirò Brecht

SPOLETO (PG), 07 luglio 2018, 19:51

Paolo Petroni

ANSACheck

Festival di Spoleto, The Beggar 's Opera - RIPRODUZIONE RISERVATA

Festival di Spoleto, The Beggar 's Opera - RIPRODUZIONE RISERVATA
Festival di Spoleto, The Beggar 's Opera - RIPRODUZIONE RISERVATA

SPOLETO - Una commedia musicale di grande energia e ritmo, allegra e ironica nel suo paradossale e spietato mettere in scena perfidia, egoismo e corruzione degli uomini: è questa 'The Beggar's Opera' portata al Festival di Spoleto (dove si replica fino all'8 luglio), moderna versione firmata dal regista canadese Robert Carsen del classico e fortunato lavoro d'inizio Settecento di John Gay e Johann Pepusch, che arrivò ad essere il modello per l''Opera da tre soldi' di Brecht.

Carsen, che 40 anni fa iniziò la sua carriera a Spoleto come assistente di Menotti e ieri sera, al termine della prima rappresentazione, ha ricevuto il premio Carispo per il suo lavoro, ha aggiornato lo spirito di quest'opera sul piano dei contenuti e, con lo straordinario aiuto di William Christie e Les Arts Floirissants, musicale, senza tradirlo o stravolgerlo. Le melodie originali vanno da ballate e canti popolari inglesi e irlandesi rivisitate da Pepusch a pezzi e brani d'opera di autori come Purcell o Haendel, mentre il testo, dopo un dialogo-introduzione su intenzioni e caratteri del lavoro, che Carsen non ha utilizzato, si legava a quelli coevi di scrittori come Swifth o pittori come Hogarth nel denunciare con critiche feroci la corruzione della società dell'epoca, che si chiude col trionfo del ladro e truffatore protagonista Macheath, il quale, nella versione attuale, entra a far parte di un governo improvvisato che non ci pare così fantasioso, in cui diventano ministri uomini di malaffare e donnine allegre, dopo la caduta del governo Tory di Theresa May e la stop della Brexit.

Il motto di tutti i personaggi si condensa nell'unica domanda esistenziale che ritengano valida: "E io cosa ci guadagno?", perché, come si canta e ripete, ognuno tenta di truffare e tradire l'altro, di prenderne il posto, visto che "l'uomo è l'unico animale a vivere in branco che caccia i propri vicini, quelli della sua stessa specie", in una lotta che naturalmente ha un risvolto particolare nel rapporto tra uomini e donne e nella trappola del matrimonio. Ecco allora che Macheath, ladro, spacciatore, protettore di prostitute, seduce e promette di sposare sia Polly, figlia del finanziere Peachum che ricicla e coordina tutti i frutti del malaffare della città, sia Lucy, figlia del corrottissimo e venale capo della polizia Lockit, che sono infuriati e fanno di tutto per arrestarlo e farlo impiccare, ma lo vedranno riuscire a fuggire di galera due volte, prima di intraprendere fortunosamente una carriera politica con ribaltamento dei ruoli di potere.

Nella semplice scena di James Barndily, una gran parete di scatoloni di cartone che spostandosi e aprendosi creano varie situazioni, e i bei costumi di Petra Reinhardt, il tutto, che inizia con una fuga disordinata al suono di sirene di polizia, è una sarabanda che però prende l'ordine di un continuo balletto, di danze anche sfrenate e acrobatiche, di attori che cantano come nulla fosse mentre sono impegnati in sforzi fisici e recitano anche con impegno e ottimi risultati ironico-parodistici i propri ruoli, sostenuti e accompagnati dalle rivisitazioni musicali delle arie barocche, da una parte filologiche e dall'altra aperte a improvvisazioni e ritmi più moderni dei bravissimi musicisti de Les Arts Floiressants che recitano anch'essi, diretti dalla spiritosa Marie Van Rhijn al clavicembalo. Uno spettacolo trascinante, quindi, e coinvolgente che alla fine viene applaudito lungamente e con entusiasmo, chiamando tutti alla ribalta più e più volte.

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