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Pamela Villoresi, la mia Duse coraggiosa

In scena La musica dell'anima, poi tv tra Archibugi e Don Matteo

La chiamavano la "divina", la più grande di tutte, anche più dell'eterna rivale Sarah Bernhardt. Intellettuale curiosa, musa e talent scout, da D'Annunzio a Ibsen. Una vita dedicata all'arte, o, come diceva lei, "al futuro". Il mito di Eleonora Duse, per molti la più grande attrice di tutti i tempi, torna in scena alla vigilia dei 140 anni dalla nascita (Napoli, 1858) con Pamela Villoresi ne 'La musica dell'anima', recital scritto e diretto da Maria Letizia Compatangelo, con Marco Scolastra al piano, al debutto l'1 settembre al 31/o Todi Festival e in tournée nei prossimi mesi.

"Un ritratto della Duse tra le note della sua epoca - racconta la Villoresi all'ANSA -. L'idea è nata dopo un'Intervista impossibile radiofonica di qualche anno fa in cui ho scoperto molte cose che non sapevo di lei. E anche da un profondo senso di gratitudine, perché la Duse è stata davvero un'apripista per tutte noi. Ha pagato un prezzo altissimo per essere un'artista, a partire dai figli. Lei stessa, orfana di madre molto presto, fu sbattuta in palcoscenico dal padre piccolissima, sballottata da una città all'altra, tra alberghi freddissimi, tanto che quel freddo se lo portò nelle ossa tutta la vita. A scuola, quando andava, per colpa del teatro non la facevano nemmeno sedere accanto alle bambine 'per bene', ma ai piedi della cattedra. Finì per odiare il palcoscenico con tutta se stessa".

A cambiare il destino, una Giulietta all'Arena di Verona dove, appena quindicenne, "fece di testa sua, rivivendo in scena i suoi dolori. Per la prima volta, raccontava, sentì l'onda d'urto arrivare dal pubblico e s'innamorò del teatro, dando il via alla recitazione moderna. Persino Lee Strasberg le disse di aver imparato tutto da lei". Ma accanto a tante grandi interpretazioni, fil rouge della sua vita fu anche il grande amore per la musica. Ecco allora che il recital cuce parole e note, tra "Rossini che la divertiva tanto da bambina e Beethoven di cui aveva un maschera in gesso sopra la cassettiera". E poi Verdi di cui fece Violetta, Chopin di cui custodiva due epistolari, Ildebrando Pizzetti, che musicò Fedra di D'Annunzio, Arrigo Boito, suo amante segretissimo, fino a Schumann e Gershwin che debuttava al Metropolitan proprio quando lei arrivò negli Stati Uniti per la sua ultima trionfale tournée.

Ma a quasi un secolo dalla scomparsa, la Duse è ancora un esempio per le attrici di oggi? "Moltissimo: segnò il cambiamento di un'epoca", risponde la Villoresi, che nella prossima stagione sarà anche su Rai1, nel cast di 'Romanzo famigliare' di Francesca Archibugi ed entrerà nella famiglia di Don Matteo 11, interpretando la mamma della nuova poliziotta Anna Olivieri (Maria Chiara Giannetta). "Come attrice - prosegue - la Duse era già bergmaniana, con il suo 'togliere, togliere, togliere!'. Diceva che il pubblico doveva disabituarsi 'ai tromboni che si attaccano alle tende'. E anche come donna è un esempio di coraggio e rettitudine. Andava in scena sempre, per pagare la Compagnia, perché conosceva bene la fame. Ha fatto fare carriera a D'Annunzio, che era più giovane di lei. Accettava i suoi tradimenti con altre donne con un 'che m'importa, ho 40 anni'. L'unico che non gli perdonò fu la 'Figlia di Iorio', scritta per un'altra, molto più giovane. Ma ancora oggi è valido il suo monito, con cui chiudiamo lo spettacolo: 'Guardate avanti - diceva alle ragazze - Il mio destino non è stato il teatro. Il teatro è stata la mia vita. Il mio destino è stato il futuro'".

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