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Luca Salsi, riapriamo, Netflix della cultura ci ammazza

Musica

Luca Salsi, riapriamo, Netflix della cultura ci ammazza

Un quadro dal computer o dal vivo è diverso, così è per l'opera

MILANO, 16 febbraio 2021, 16:46

di Bianca Maria Manfredi

ANSACheck

Luca Salsi, foto di Marco Borrelli - RIPRODUZIONE RISERVATA

Luca Salsi, foto di Marco Borrelli - RIPRODUZIONE RISERVATA
Luca Salsi, foto di Marco Borrelli - RIPRODUZIONE RISERVATA

MILANO - L'opera e la cultura devono essere dal vivo, non solo in streaming perché altrimenti "perdiamo la nostra identità". Luca Salsi, baritono parmigiano di fama mondiale, ha lavorato a produzioni in streaming: l'apertura della Scala il 7 dicembre, il Don Carlo a Modena, ultimamente il Pirata al San Carlo di Napoli. E ha subito risposto quando il Maggio Fiorentino gli ha chiesto di sostituire all'ultimo momento nel Rigoletto Leo Nucci, che preferisce non esibirsi fino a quando non avrà fatto il vaccino perché "in questo momento bisogna approfittare di ogni cosa. E so di essere uno fortunato".

Però ammette che cantare per lo streaming "è totalmente diverso. Molto peggio". Manca il pubblico che è una componente essenziale, e anche agli spettatori che vedono lo spettacolo comodamente seduti sul divano di casa manca qualcosa. "A me piacciono gli impressionisti - è l'esempio che porta -. Ma un conto è vedere un quadro dal computer e un conto è dal vivo. Le sfumature che cogli, le emozioni non sono le stesse".

Da qui la sua speranza che "il ministro capisca che a teatro ci si ammala come al mattino al bar, o sui mezzi pubblici, anzi meno perché ci sono i posti distanziati e non si parla". "Non capisco ma accetto che la cultura non sia considerata un bene primario ma non mi dicano - sottolinea - che è per la salute".

All'inizio delle prove del Rigoletto, con la regia di Davide Livermore, che andrà in scena senza pubblico il 23 febbraio e sarà visibile in streaming a marzo, Salsi racconta del bisogno dello scambio con il pubblico, non solo dell'opera ma anche della prosa e di tutto lo spettacolo in generale.

"Il Netflix della cultura - è convinto - ammazza la nostra identità. Cosa facciamo? trasformiamo la lirica in talk show o talent?". "Abbiamo bisogno del pubblico, non siamo burattini" aggiunge il baritono, che ora ha in programma due mesi di lavoro a Vienna e quest'estate Aida all'Arena di Verona con Riccardo Muti. E questo bisogno va ben al di là della sola questione economica.

"Noi di aiuti concreti non ne abbiamo visti. L'unico aiuto - conclude - è farci cantare. Riaprire i teatri perché non abbiamo bisogno solo di soldi, ma di esibirci davanti a un pubblico. Vale per l'opera, per la prosa, i musei che danno gioia, entrano nell'anima e ci arricchiscono dentro". 

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