''La mia idea è di trattare le figure
musicali come personaggi, da ritrovare anche a distanza di anni,
un po' come accade con i moschettieri di Dumas'', spiega Michele
Dall'Ongaro, rivelando subito quel suo sguardo ironico e quella
fiducia nella capacità di comunicare, di avere quasi una forma
narrativa e farsi chiave per leggere il mondo, della musica. E
questo vale per il suo Quartetto n. 5 per archi e per il gioco
drammaturgico ''Gilda, mia Gilda'' costruito a suo tempo con
Vittorio Sermonti sul ''Rigoletto'' verdiano, che sono stati i
due perni esemplari della serata Omaggio che gli ha dedicato
l'Accademia Filarmonica Romana, all'interno della stagione
estiva nei giardini di Via Flaminia.
I suoi ''personaggi'' sono nati un tempo nei primi 2
Quartetti, ''poi sono cresciuti e hanno fatto nuovi incontri.
Qualcuno si è anche perso di vista: non trovo più tutti quei
quarti di tono del terzo Quartetto, credo siano finiti nei
computer, siano emigrati nei pezzi di musica elettroacustica.
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