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Goran Bregovic invia tre lettere pace

Goran Bregovic invia tre lettere pace

A Trieste artista intimista nell'unico concerto del Triveneto

TRIESTE, 13 aprile 2019, 19:44

Francesco De Filippo

ANSACheck

"Three Letters of Sarajevo" - Goran Bregovic - RIPRODUZIONE RISERVATA

"Three Letters of Sarajevo" - Goran Bregovic - RIPRODUZIONE RISERVATA
"Three Letters of Sarajevo" - Goran Bregovic - RIPRODUZIONE RISERVATA

Le "Three Letters of Sarajevo" (Tre lettere di Sarajevo) sono un invito alla coesistenza pacifica, alla vita com'era in Bosnia prima della guerra nella ex Jugoslavia e come si spera possa essere in futuro. Sono le lettere della religione: cristiana, ebraica, musulmana. Goran Bregovic le presenta una per volta e il concerto prende il volo: il protagonista mondiale della musica Balkan si è esibito ieri sera a Trieste al Teatro Politeama Rossetti, città dove mancava da cinque anni e che sente un po' come sua, unica data del Triveneto, organizzata da Vigna PR.
Un concerto che forse segna un momento particolare nel percorso artistico del musicista di Sarajevo che nel sangue e nel cervello sintetizza il mondo balcanico: padre cattolico, madre ortodossa, moglie musulmana; "e io mi sento anche un po' gitano", tanto per sovrappiù. Nel teatro gremito e cosmopolita, chi si aspettava un concerto di musiche rutilanti ha potuto sfrenarsi ai lati della platea soltanto durante alcuni brani.
Altre composizioni indugiavano infatti più alla ricerca, al tentativo - riuscito - di mettere insieme, contaminare sonorità di culture diverse del caleidoscopico universo centro europeo e confinante, tutte confluenti nell'incalzante ritmo balcanico.
Suggestioni musicali, virtuosismi a tratti malinconicamente lenti hanno ripescato i tratti musicali della solennità cristiana, la tragicità ebraica e il rigore musulmano per amalgamarli in un giostra di note senza razze né sesso. Bregovic compositore, non guida talentuosa di una folle banda di suonatori.
Il concerto inizia con il brano Jalija: i cinque fiati della sua storica band che, vestiti in abiti tradizionali, attraversano la platea per raggiungere il palco. Qui, un po' di sedie affondano in una sobria sceneggiatura completamente nera.
A mano a mano si compone una ricca e apparentemente incompatibile orchestra: il cantante serbo Muharem Redzepi, dalle vocalizzi mediorientali, una coppia di adulte voci femminili bulgare in coloratissimi abiti tradizionali, quattro archi in nero e sei coristi maschili della chiesa ortodossa in elegante grigio e farfallina. Al centro, con piccola chitarra elettrica, vestito completamente di bianco e scarpette azzurre, Bregovic, il Balcanico, classe '50 ma dimostra almeno dieci anni in meno. "E' la mia orchestra per i matrimoni e i funerali", li presenta. Come riesca nell'alchimia di mettere tutti insieme (con una base registrata di batteria e tamburello) tra un Miserere e un Mazel Tov, non è ben chiaro, ma il risultato è di alto livello.
L'atmosfera è subito calda, parte Ciribiribela, seguita da Christian Letter e dunque da Muslim Letter, toni orientaleggianti sfociano in ritmi da tammurriate salentine o partenopee, i cui echi evidentemente non conoscendo confini, sono giunti fin nella Penisola. Il pubblico vuole anche nostalgia e invoca "sevdalinka", le malinconiche composizioni, Bregovic intona allora Hopa cupa ma anche Bugarke e, in inglese, Jeremija. Inattesa, un altro brano internazionale: Bella ciao, suonata ovviamente nel suo stile.
Ma la sala vuole di più, fremono i muscoli, così Bregovic scivola nel militare, nella guerra chiede di accompagnarlo prima nell'intonare la parola refrain "artiglieria", uguale sia nelle lingue slave che in italiano e infine, lascia esplodere palchi e platea quando irrompe il suo successo internazionale, "Kalashnikov". E per una volta, l'arma più diffusa al mondo non spara proiettili per uccidere ma note per divertirsi.

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