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Pat Metheny, serata intima e intensa con Roma

Il chitarrista incanta il pubblico rileggendo i suoi classici

Le perle di una carriera inossidabile da più di quaranta anni rilette in modo intimo e intenso, all'aperto ma con le stesse atmosfere di un jazz club.
Pat Metheny ha incantato i 2800 affezionati che ieri sera hanno riempito la Cavea dell'Auditorium Parco della Musica per l'appuntamento proposto dal Roma Summer Fest. Oltre due ore ininterrotte di musica, con i tre solidi e talentuosi compagni di viaggio del lungo tour partito dal 2016, il batterista messicano Antonio Sanchez, che ormai gli è accanto da anni, la malesiana Linda May Han Oh al contrabbasso e il britannico Gwilym Simcock al pianoforte. Nella tappa romana dal lungo tour "An evening with Pat Metheny" partito dal 2016, il chitarrista del Missouri - vincitore di 20 Grammy e entrato a pieno titolo nella Downbeat Hall of Fame come musicista più giovane e quarto chitarrista dopo Django Reinhardt, Charlie Christian e Wes Montgomery - ha riproposto in chiave nuova i classici del suo repertorio. Partendo da quelli dello straordinario "Bright size life", l'album di esordio del 1976 con Jaco Pastorius al basso e Bob Moses alla batteria, di cui in apertura ha presentato il brano che dà il titolo al disco e Sirabhorn. Via, quindi, con Third Wind, del 1987; e Always and Forever, dal gran bell'album Secret Story del 1992. Dopo un'ora arriva James, del 1982 da Offramp, il disco che con il doppio "Travels" dell'anno successivo lo fece conoscere al grande pubblico italiano che da allora gli è rimasto fedele.
Metheny si riserva poche parole per confermare quanto gli faccia piacere tornare a esibirsi a Roma e ringraziare il pubblico venuto a passare una sera con lui "in questo posto magnifico". Poi riprende con una suggestiva versione di Travels e a seguire un faccia a faccia con ognuno dei musicisti su titoli noti e, con Sanchez, su un brano del disco non ancora pubblicato. "A questo punto della mia carriera - ha spiegato recentemente - ho un repertorio vasto, diventato come un'unica grande cosa che per me non ha ormai confini o distinzioni tra questo o un altro periodo. Con Antonio, Linda e Gwilym, penso che potremmo e faremo tante cose". L'ultima parte del concerto è un lungo medley da solo alla chitarra acustica sui suoi cavalli di battaglia, tra cui Minuano, This is not America, Last Train Home. Il quartetto chiude con un solo applauditissimo bis, "Song for Bilbao", con il pubblico in piedi davanti al palco a immortalare la scena con i telefonini.

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