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Noseda, la politica non è un'opera buffa

Noseda, la politica non è un'opera buffa

Direttore musicale Nso Washington orgoglioso bilancio primo anno

WASHINGTON, 17 maggio 2018, 10:03

Claudio Salvalaggio

ANSACheck

Gianandrea Noseda in un 'immagine di archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA

Gianandrea Noseda in un 'immagine di archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA
Gianandrea Noseda in un 'immagine di archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA

WASHINGTON - "La politica in Italia? Non è un'opera buffa". "La musica in Usa? Giocano in un altro campionato". Il maestro Gianandrea Noseda parla a 360 gradi con l'ANSA tracciando un bilancio al termine del suo primo anno come direttore musicale della National Symphony Orchestra (Nso) di Washington.

"Il bilancio è positivo da diversi punti di vista", spiega con orgoglio, riferendosi alla "grandissima qualità della produzione", al conseguente "aumento sensibile" della vendita dei biglietti e all'"ottima accoglienza" ricevuta dalla Nso, dai donatori e dall'intera città. "E' stato sorprendente, quasi imbarazzante, perché non mi aspettavo che tappezzassero la città con la mia immagine", ammette. "Abbiamo ancora della strada da fare, ma, se il primo anno è stato così, c'è un futuro roseo davanti a noi", aggiunge, rendendo omaggio al lavoro dei predecessori e dicendosi soddisfatto di aver già impresso "il marchio di un certo tipo di suono all'orchestra, anche se ci vorrà del tempo perché diventi un'eredità". Primo italiano alla guida della Nso, Noseda sente di giocare in Usa "un altro campionato" nel mondo della musica e più in generale della cultura.

"A fare la differenza - sottolinea - sono l'organizzazione e naturalmente i soldi. Non avendo sovvenzioni pubbliche massicce come in Italia e in Europa, qui la musica deve muoversi molto per cercare sponsor privati, società e individui, ma chi mette dei soldi si sente protagonista di un progetto, parte attiva della società, oltre a beneficiare di un'alta deducibilità fiscale. In Italia abbiamo cominciato a muoverci in questa direzione, le realtà più grosse hanno incrementato la presenza di privati, di sponsorship. Ma ci vuole più tempo, più meritocrazia e un cambio di mentalità, anche da parte dei manager delle istituzioni, che devono spesso rendere conto ai politici che li nominano". Sul suo abbandono polemico del Regio di Torino preferisce non tornare ("ho già detto tutto"), ma precisa che "resta il rapporto con le grandi istituzioni italiane, tra cui Santa Cecilia, dove il legame si sta rafforzando". Quanto alla crisi politica del nostro Paese, si rammarica che ad oltre due mesi dalle elezioni non si sia riusciti ancora a fare il governo, ma ammonisce che "la politica non è una farsa, un'opera buffa: credo che la politica sia sempre una cosa molto seria e che chi ci si mette dentro in fondo ci creda".

"Mi fido molto del senso di responsabilità dei nuovi politici e spero che si arrivi a dei risultati", prosegue. "L'importante però - precisa - è che non distruggano per poi ricostruire. Bisogna sempre innestarsi su qualcosa, avere delle radici che poi permettono all'albero di crescere". "Il problema comunque - avverte - non è solo quello della classe politica, ma anche della gente chiamata a votarla, che in assenza di una educazione ed informazione adeguate rischia di diventare facilmente manovrabile".

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