L'eterno connubio di amore e morte
negli anni della Rivoluzione francese, momento di sentimenti
estremi, privati e pubblici, di gesti di sfida, di coraggio e
soprassalti di dignità, segna tutta la romanzesca vicenda dello
"Andrea Chenier" di Umberto Giordano su libretto di Luigi Illica
che il Teatro dell'Opera di Roma ripropone, dopo 42 anni
dall'ultima edizione, in un nuovo, applaudito allestimento
diretto con lucidità e passione da Roberto Abbado con la regia
nitida e intensa di Marco Bellocchio e scene e luci di Gianni
Carluccio, con 5 repliche sino al 2 maggio.
La regia di Bellocchio, alla sua prima opera importante, dopo
I pagliacci al Petruzzelli nel 2014, è pulita, contrario come si
è dichiarato alle regie che prevaricano senso e musica, e c'è
senza dubbio, ma riesce a fondersi col resto in una reciproca
esaltazione di azione e musica, lavorando sulla fluidità e
eleganza dei movimenti, specie quelli di massa.
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