Bufera #MeToo su Alexander Wang:
una decina di modelli e una modella trans accusano lo stilista
americano di origine taiwanese di aver allungato le mani
approfittando del buio, l'eccitazione e il glamour della vita
notturna newyorchese, la stessa scena che nell'ultimo decennio
ha aiutato l'ex direttore creativo di Balenciaga a costruire il
suo impero.
Le prime accuse erano venute in luce alla fine dell'anno
scorso. A un post su TikTok del modello britannico Owen Mooney
che aveva imputato a Wang molestie subite nel 2017 in un club di
New York, avevano fatto seguito racconti simili, molti dei quali
anonimi, condivisi e amplificati su account Instagram come
@shitmodelmanagement e Diet Prada, dedicati a raccogliere esempi
di sfruttamento nell'industria della moda.
Sostenuto da Anna Wintour e da Diane von Furstenberg e spesso
menzionato tra i "nuovi pionieri" capaci di traghettare la moda
americana oltre l'era di Donna Karan, Ralph Lauren e Calvin
Klein, Wang aveva definito le accuse di Mooney "senza fondamento
e grottescamente false".
Da allora però la causa delle presunte vittime e' stata presa
a cuore da Lisa Bloom: l'avvocatessa che ha contribuito a far
cacciare Bill O'Reilly dalla Fox - scrive il New York Times - ha
accettato di rappresentare dieci uomini che vorrebbero mettere
il 37enne designer sul banco degli imputati.
Wang a sua volta ha assunto due legali di alto profilo, Eric
George e Andrew Brettler e il 12 febbraio, pochi giorni prima
dell'inizio di Fashion Week, il suo sito ufficiale ha postato un
video augurale per il Capodanno Lunare.
Tra gli accusatori dello stilista sono usciti allo scoperto
Gia Garison, una modella trans, e David Casavant, stilista a sua
volta e archivista della moda, che occasionalmente aveva
lavorato per Wang e lo aveva incontrato socialmente a feste e
nei locali. Racconti simili: in un caso da Slake, nell'altro al
Green Room di Brooklyn.
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