"Il dolore non è femminile o
maschile, il dolore non ha genere". E' questo il cuore de
'L'astronauta dal cuore di stagno' di Massimo Algarotti (158
pp., 13 euro, Ode Edizioni), la storia di una bimba tanto attesa
che non è riuscita a nascere diventando così ciò che sua madre
avrebbe voluto essere: un'astronauta nel mondo dei sogni e della
speranza.
Il libro prende spunto da una storia vera, ovvero la storia
di Zoe e della sua mamma Aleida. Narra dell'attesa, nove mesi
per prepararsi ad accogliere Zoe: un'attesa riempita dai gesti
dolcissimi di una madre che disegna un mondo nuovo tutto da
creare, che prepara una stanza che non c'era. Ma Zoe nasce con
gli occhi chiusi. Grazie alla vicinanza dell'amica Selima e di
un nuovo compagno, Aleida scopre che il destino traccia un solco
su cui la vita affonda sempre le proprie radici per costruire,
in ogni caso, un futuro.
Algarotti affronta il tema del lutto perinatale con una
fortissima sensibilità femminile perché, dice "ogni persona ha
in sé un lato maschile e un lato femminile" e quando questo
viene accettato "si fanno i conti senza problemi con la
riscoperta della delicatezza. E' necessario avere rispetto di
certe cose". E così Algarotti padre è riuscito a mettersi "nei
panni di una giovane madre" cancellando d'un colpo il confine di
genere. "il compito di chi scrive - ha detto Algarotti - è
recuperare sempre certi sentimenti cercando di trasmetterli
quanto più possibile". Zoe l'astronauta viaggia tra le stelle
trasformando così il sogno della sua mamma, trasmutando il
passato doloroso nella speranza "che ci sia qualcosa di noi che
sopravvive". Un libro da leggere d'un fiato anche grazie allo
stile di Algarotti, colto e mai pedante, capace di grande
elasticità e linearità linguistica e per questo in grado di
trasformare la scrittura in un dialogo struggente.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA