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Storia di Ilio, il partigiano che beffava il regime

Storia di Ilio, il partigiano che beffava il regime

La biografia di Luigi Cortese scritta dal figlio Enrico

PALERMO, 21 settembre 2021, 08:16

Redazione ANSA

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Storia di Ilio, il partigiano che beffava il regime - RIPRODUZIONE RISERVATA

Storia di Ilio, il partigiano che beffava il regime - RIPRODUZIONE RISERVATA
Storia di Ilio, il partigiano che beffava il regime - RIPRODUZIONE RISERVATA

PALERMO - ENRICO CORTESE: STORIA DI UN PARTIGIANO. SCIASCIA EDITORE, 144 PAGINE, 15 EURO)

Dalle prime "cospirazioni" antifasciste giovanili in Sicilia alla Resistenza in Emilia e poi il ritorno per una lunga carriera politica e parlamentare, costellata dalle lotte degli zolfatari e dei contadini, lasciata per l'insegnamento universitario. È complessa e a tratti anche curiosa la biografia di Luigi Cortese scritta dal figlio Enrico nel libro "Storia di un partigiano" pubblicato dall'editore Sciascia.
    La militanza antifascista è, con la partecipazione alla Resistenza, l'esperienza più notevole cominciata alla fine degli anni Trenta a Caltanissetta dove si era formato un gruppo giovanile clandestino del quale, oltre a Cortese, facevano parte Leonardo Sciascia, Pompeo Colajanni (il comandante Barbato che liberò Torino), Calogero Boccadutri, Emanuele Macaluso.
    Caltanissetta era a quel tempo una città nella quale i fermenti democratici e culturali passavano anche attraverso la scuola dove si potevano incontrare Luca Pignato, Luigi Monaco, Vitaliano Brancati. Il gruppo dei giovani antifascisti, non potendo uscire allo scoperto, aveva sperimentato un metodo beffardo. Tutti partecipavano agli incontri e, scimmiottando la retorica di regime, citavano tra gli applausi frasi di Mussolini che erano invece di Georgi Dimitrov del Comintern oppure del presidente americano Franklin Delano Roosevelt.
    "L'amico Gino Cortese - ha raccontato Sciascia - riteneva, e noi con lui, che occorreva giocare 'doppio' e non c'era convegno, conferenza o collaborazione a giornali fascisti che noi eravamo in diritto di rifiutare. I fascisti erano stupidi e noi ne approfittavamo".
    Finito nel reggimento Cavalleggeri Guide di Parma, Cortese entrò in contatto con gli antifascisti emiliani attraverso i quali, nel 1943, aderì alla 47ma brigata Garibaldina. Con il nome di "Ilio" diventò commissario politico di quella che gli Alleati consideravano una brigata dalla "testa calda". Le sue imprese saranno raccontate da Ubaldo Bertoli nel libro "La quantasettesima".
    A guerra finita, Cortese tornò in Sicilia. E da Caltanissetta riprese una carriera politica che lo portò come deputato per vent'anni, tra il 1947 e il 1967, all'Assemblea regionale siciliana. Fu anche capogruppo del Pci dal quale cominciò a distaccarsi per scegliere l'insegnamento universitario. Nei suoi corsi di filosofia il tema della Resistenza, come quello della mafia, era sempre presente. 
   

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