(di Franco Nicastro)
MASSIMO BONURA: VERGA E I MASS
MEDIA (PALERMO UNIVERSITY PRESS, 107 PAGINE, 10 EURO)
Alcune prove giornalistiche giovanili di Giovanni Verga, per
lo più note politiche e critiche teatrali, erano considerate
perdute. Se ne aveva conoscenza solo per qualche riferimento
nelle corrispondenze private e nel rapporto con l'amico Nicolò
Niceforo. Seguendo proprio quelle tracce, lo studioso Massimo
Bonura ha ora recuperato la parte meno conosciuta del Verga
giornalista. E la approfondisce nel libro "Verga e i mass media:
il giornalismo politico-teatrale e il cinema", edito da
University Press.
Per ritrovare lo scrittore perduto Bonura è andato alla
ricerca dei numeri superstiti di tre giornali catanesi
dell'Ottocento sui quali Verga scriveva poco più che ventenne:
Roma degli Italiani, Il diavoletto e L'indipendente. Sono
pubblicazioni dalla vita precaria e qualcuna vedeva la luce solo
quando il tipografo decideva di stamparli. Si vendevano poche
copie, ma nel giro politico e culturale catanese quei giornali
avevano un loro peso specifico. Alcuni dei testi recuperati sono
certamente dell'autore dei Malavoglia, ma di altri
l'attribuzione è più incerta: soprattutto quegli articoli
firmati "Io" che esprimevano le posizioni politiche più
connotate in senso filounitario e anticlericale. Gli scritti poi
rivelano ciò che, nella maturità, Verga avrebbe detto con
maggiore chiarezza: privilegiava la letteratura (per questo fu
un autore molto prolifico) rispetto alle altre arti che
considerava "minori", il teatro e il cinema, con le quali ebbe
tuttavia un rapporto molto stretto tanto da dare un'impronta
verista e una svolta testuale alla drammaturgia italiana.
Il pensiero politico attribuibile a Verga è quello che
affiora soprattutto dagli editoriali dei primi due numeri del
Diavoletto che tracciano una linea critica soprattutto verso il
governo della destra storica di Marco Minghetti, incalzato e
spinto verso il compimento dell'unità. "Smettete ogni viltà - si
legge nell'editoriale attribuito a Verga - e ridate all'Italia
Roma e Venezia! Ascoltate un consiglio: ritiratevi!".
Il pensiero politico di Verga che riaffiora da questi scritti
dimenticati è certamente orientato radicalmente in senso
liberale. Ma, come osserva nell'introduzione lo storico Giuseppe
Carlo Marino, quello dello scrittore è il paradosso di un
"liberalismo conservatore" funzionale "agli interessi reali del
ceto proprietario (i 'galantuomini', i notabili, gli ottimati,
per i quali ogni cambiamento dell'esistente in cui è ravvisabile
il fondamento 'naturale' dei loro privilegi sarebbe
un'intollerabile iattura) al quale Verga appartiene".
Più in generale, osserva nella prefazione l'italianista Licia
Callari, i testi ritrovati "dimostrano la complessa e
sfaccettata interazione di Verga con la scrittura
giornalistica". In quegli articoli si incontra un Verga poco
conosciuto che nello stesso tempo "ha aperto nuovi orizzonti
allo studio degli strumenti di comunicazione del pensiero e
delle idee".
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