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Pennac, i miei sogni felliniani, sorprese e incubi

Pennac, i miei sogni felliniani, sorprese e incubi

A teatro omaggio a regista. 'All'Ue serve un'educazione europea'

MILANO, 18 gennaio 2020, 19:04

paolo cappelleri

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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 I sogni sono diventati un libro e dal libro ha preso forma uno spettacolo teatrale. Daniel Pennac rende omaggio a Federico Fellini con il suo ultimo romanzo 'La legge del sognatore' (Feltrinelli), portandolo in scena nel centenario della nascita del poeta del cinema, da cui ha mutuato l'abitudine ad annotare al mattino le esperienze oniriche della notte.
    "L'ultima dopo aver letto un romanzo del giapponese Akira Mizubayashi che parla di un violino. Nel sogno non mi stupiva affatto che il piccolo violino parlasse con la voce di Akira, ma che quella voce fosse il suono di un violoncello. Una delle funzioni del sogno è proprio la sorpresa", ricorda in un'intervista all'ANSA lo scrittore francese, 75 anni, gustandosi ancora la sensazione di stupore che permea anche la catena di sogni al centro del suo ultimo libro, confusa fra finzione e realtà.
    Ne ha fatti di indimenticabili che dopo un po' non tornano più. Come quello ambientato "nella mia casa perfetta, dopo cui impiegavo giorni a capire che in realtà non esisteva". Ma anche incubi. "Da giovane, lasciato per la prima volta, sognavo di incontrare quella ragazza in metropolitana, ci correvamo incontro e pensavo 'Allora mi ama ancora'. Ma al momento di abbracciarsi, mi passava attraverso saltando su un vagone con la mia famiglia. Tremendo", ricorda leggermente raffreddato, girandosi fra le mani una biro nella sede di Feltrinelli a Milano, dove porterà in scena la lettura teatrale al Piccolo Teatro Strehler lunedì 20, replicando martedì 21 a Torino e mercoledì 22 a Rimini, dove il 20 gennaio 1920 nacque Fellini.
    "L'attitudine a sognare è legata all'intensità dei desideri provati nel corso della giornata, invecchiando sono meno intensi. Non riuscire più a ricordare i sogni ferì molto Fellini", spiega Pennac, che a vent'anni fu "meravigliato e poi sconvolto" dalle pellicole del regista, ma non ha mai pensato di cimentarsi a sua volta con un film. "La cinepresa cattura un mondo che ha senso dentro l'inquadratura e lo perde spostandosi anche solo di un centimetro. Io sono un contastorie".
    Da dietro i suoi occhialini tondi, inquadra un mondo in cui "c'è un forte distacco generazionale" e un'Ue che "potrebbe darsi un'identità con un'educazione europea". "Se dagli anni '80 avessimo mandato i bambini dalla prima media due mesi in un altro paese ogni anno, oggi avremmo un'Europa poliglotta, il vicino non sarebbe un'astrazione" dice, per nulla sorpreso della candidatura di Marine Le Pen per le presidenziali francesi 2022.
    "E' una costante, più si aggrava la crisi economica e più certi istinti si esprimono attraverso personalità politiche di estrema destra, nazionaliste", spiega Pennac, che viaggia con un trolley rosso su cui ha disegnato il suo Benjamin Malaussene, personaggio simbolo del capro espiatorio: "E' un elemento costitutivo della storia dell'umanità, non passa di moda. E' all'origine del martirio di Gesù, dell'antisemitismo, del sessismo... L'antidoto è la curiosità: il capro espiatorio funziona perché non ci interessiamo agli altri, è il gruppo che si richiude su se stesso e si costituisce a partire dall'esclusione di un diverso".
   

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