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La storia in piazza, Le età del capitalismo

La storia in piazza, Le età del capitalismo

15 aprile 2015, 15:40

Redazione ANSA

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'La storia in piazza ' a Genova - RIPRODUZIONE RISERVATA

'La storia in piazza ' a Genova - RIPRODUZIONE RISERVATA
'La storia in piazza ' a Genova - RIPRODUZIONE RISERVATA

Ritorna a Genova, a Palazzo Ducale, dal 16 al 19 aprile, con il tema “Le età del Capitalismo” La Storia in Piazza.

La sesta edizione de La Storia in Piazza propone un lungo viaggio nella storia del capitalismo, dalla sua preistoria, quando il sistema esisteva appena, per ripercorre i luoghi dei suoi primi trionfi, la rivoluzione industriale, e poi seguirne i percorsi, le crisi e i mutamenti fino al presente.
Non sarà un festival dedicato solo alla storia economica, ma una rassegna che considera il capitalismo nel suo complesso: i suoi sostenitori, i suoi nemici, il suo rapporto con le religioni, le idee ad esso connesse, le ansie alle quali ha dato luogo, il suo rapporto con il concetto di modernità, le cause e gli effetti delle grandi crisi.
   Il 16 aprile Donald Sassoon, alle ore 18, nel Salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, inaugurerà la rassegna con la lectio Il trionfo ansioso del capitalismo, una esaustiva conferenza in cui lo storico inglese propone un’ analisi del capitalismo dagli ultimi decenni del XIX secolo fino ai giorni nostri, dove l’ideologia dominante è il neoliberismo, per porre in ultimo la questione se la crescita capitalistica potrebbe essa stessa destabilizzarne lo sviluppo.
  Tra i vari ospiti che affronteranno i diversi argomenti, ricordiamo Maurice Aymard ( Genova, il Mediterraneo e Fernand Braudel ), Donald Winch ( Adam Smith e i suoi successori ), Telmo Pievani ( Spiriti animali: il capitalismo è darwiniano? ), Sven Beckert ( Capitalismo made in USA ), Giuseppe Berta e Gianfranco Viesti ( Italia: il Nord e il Sud )), Fabrizio Barca ( Un capitalismo italiano? ), Valerio Castronovo ( La seconda rivoluzione industriale e le matrici del neocapitalismo ), Arnaldo Bagnasco ( Capitalismo e città ), Colin Crouch ( La resistibile ascesa del neo-liberismo ), Umberto Galimberti ( Il feticismo del mercato ), Peter Nolan ( La lunga marcia del capitalismo cinese ), Marcello De Cecco ( Le grandi crisi ), Patrick O’Brien ( Rivoluzione industriale in Inghilterra ) Marco Revelli ( la scomparsa della fabbrica), Carlo Freccero ( L’identità frantumata ).

Come ogni anno oltre alle lectio e agli incontri, il festival prevede presentazioni di libri, mostre, spettacoli, musica, cinema e giochi.

 

Ecco in anteprima, la sintesi del testo di Donald Sassoon, che inaugurerà la rassegna con la lectio Il trionfo ansioso del capitalismo. Sasssoon è professore emerito di Storia comparata al Queen Mary College di Londra

''La globalizzazione, la progressiva crescita dell’integrazione economica, sociale e culturale tra le diverse aree del mondo, è sostenuta da un’ideologia altrettanto globale: il capitalismo di mercato.
Nelle società tardo capitalistiche, che costituiscono il cuore del sistema, nessuna forza si oppone alla sua universale accettazione. Nelle economie emergenti di Cina, Brasile e India il dibattito si incentra su quale tipo di capitalismo debba prevalere. Ma qual è il livello di coesione nelle società tardo capitalistiche? In Occidente non siamo mai stati così ricchi, eppure le disuguaglianze sono aumentate. Il vecchio sogno dell’égalité è stato di fatto abbandonato. Tutti sembriamo accettare l'attuale ordine economico come l'unico possibile.
Negli ultimi decenni del XIX secolo, tale trionfo non era affatto prevedibile. L'avanzata del capitalismo industriale era invece la causa di un diffuso sentimento di preoccupazione e la sua diffusione determinava uno sconvolgimento senza precedenti a partire dall’ urbanizzazione tumultuosa e al mutato rapporto tra città e campagna. Entro il 1880, almeno in Europa, il dibattito all’interno delle élite politiche si snodava tra l’assunto dell’inevitabilità dell’industrializzazione e il timore (per i socialisti, la speranza) che tale processo avrebbe destabilizzato il sistema politico stesso.
L'élite liberal aveva abbracciato con entusiasmo il capitalismo in quanto portatore di progresso e crescita economica. I socialisti, pur accettando l'inevitabilità del capitalismo ed apprezzandone l’attitudine a fare terra bruciata delle tradizioni, avevano come meta una società senza classi e privilegi. Infine c'erano i “reazionari” , nostalgici di un passato idealizzato che, pur non avendo alcuna chance di vittoria, raccoglievano consensi tra coloro che si sentivano minacciati dalla modernità.
  D’altronde se il mutamento può essere considerato un elemento costante della storia, un certo scetticismo verso il nuovo non è un atteggiamento necessariamente sbagliato dato che ogni cambiamento, anche graduale, è raramente a effettivo vantaggio di tutti.
 Così, alla fine del XIX secolo, si diffuse il desiderio comune di migliorare il destino di coloro che, pur avendo accettato l’inesorabilità del capitalismo, soffrivano per le modalità di produzione e di distribuzione della ricchezza. Questo è il motivo per cui, fino a non molto tempo fa, in Europa, davvero pochi partiti politici di massa erano sostenitori disinibiti del mercato. Addirittura, nel periodo tra le due guerre, crebbe la riluttanza ad abbracciare l’ideologia filo-capitalista. A rendere il capitalismo sempre meno popolare contribuirono la diffusa e massiccia inflazione nell’Europa centrale all’inizio degli anni Venti, il crollo del '29 e la conseguente Grande Depressione e un ritorno al protezionismo.
Dopo il 1945 la maggior parte delle economie capitaliste si orientarono verso ciò che fu chiamato il Welfare State “keynesiano” . La crescita dei salari fornì al capitalismo una legittimazione formidabile. E’ stata la cosiddetta “età dell’oro del capitalismo” (1945-75).La democratizzazione dei consumi e le libertà politiche hanno sancito la vittoria del capitalismo di mercato. Alcune delle economie comuniste riuscirono a porre le fondamenta di una società industriale, ma non riuscirono a sviluppare né una società dei consumi né la libertà politica.
Oggi l'ideologia dominante è il neoliberismo che deve affrontare un problema fondamentale, quello dei limiti ecologici della crescita. Infatti, oggi, i principali ostacoli alla continua espansione e alla stabilità del capitalismo non sono la lotta di classe o le aspirazioni rivoluzionarie dei ‘dannati della terra ’ o i fondamentalisti islamici, ma l'ecologia del pianeta. La crescita capitalistica potrebbe essa stessa destabilizzare il capitalismo''.

 

 

 

 

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