C'è un nesso tra l'uscita di 'The
Irishman" su Netflix e la polemica di Martin Scorsese contro i
film Marvel. Mentre la sua ultima fatica sulla scomparsa di
Jimmy Hoffa è nelle sale, il regista torna alla carica sul New
York Times e definisce lo straordinario successo dei supereroi
una minaccia per i valori del cinema d'autore.
La polemica era scoppiata all'inizio di ottobre quando
Scorsese, in un'intervista a Empire, aveva definito i film
Marvel "l'equivalente di un parco-giochi". Era seguito un acceso
dibattito che aveva visto schierati con il 77enne Scorsese gli
anziani colleghi Francis Ford Coppola e Ken Loach. Ieri contro
Scorsese era sceso in campo il boss di Disney, Bob Iger: "Grande
regista, ma non credo che ne abbia mai visto uno".
Scorsese mette sul banco degli imputati il modello di business
imposto dalla franchise: "Variazioni illimitate su un numero
definito di temi fatti per soddisfare una serie specifica di
domande, i film Marvel sono sequel di nome, ma remake di fatto,
basati su ricerche di mercato e test dell'audience, modificati,
riverificati e rimodificati fino a che non sono pronti per il
consumo".
Il regista spiega quindi che la scala e il costo di un film
Marvel richiede di farlo uscire nel massimo numero di sale
possibili, ma c'è solo un numero limitato di sale in Nordamerica
e il risultato è un collo di bottiglia che marginalizza i film
che Scorsese ama vedere e fare relegandoli alla distribuzione in
streaming o home video. "Avrei voluto vedere 'The Irishman'
proiettato in più sale", ha ammesso il regista.
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