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Il Rodin di Jacques Doillon affonda a Cannes

Accoglienza fredda e fughe dalla sala per film con Lindon

Come una nave in tempesta, l'atteso 'Rodin' di Jacques Doillon, film che batte bandiera francese, lentamente affonda alla prima proiezione stampa. Opera in concorso di un regista che ha all'attivo circa trenta opere (Un enfant de toi, Mes seances de lutte), 'Rodin', interpretato da Vincent Lindon, ha raccolto un'accoglienza fredda e anche un lento svuotarsi della sala. Eppure la storia non solo metteva in campo un'icona dell'arte mondiale come lo scultore de Il pensatore, ma aveva anche come volano la sua tragica storia d'amore con Camille Claudel (Izia Higelin).

Eppure nessuna emozione nei 119 minuti del film, ma solo molto noia nel vedere Lindon, maniacalmente alla prese con le sue sculture. Impasta di continuo, aggiunge creta, toglie creta, studia le opere, prova, disegna, assembla, fa e disfà nel suo grande studio. Molte scene poi con modelle nude, con le quali spesso lo scultore aveva avventure (era famoso per la sua rapacità sessuale), e poi la sua vita ordinaria con la moglie Rose Beuret (Severine Canneele) che non lascerà mai.

Il rapporto con Claudel, prima sua assistente, poi sua amante 'amata', viene compromesso proprio da questa sua incapacità di lasciare la moglie. Claudelle, prima adorante e allieva dotata, a cui sembra Rodin abbia rubato più di un'idea, alla fine lo lascia per intraprendere la sua vita d'artista autonoma fino ad impazzire nella sua ultima parte della sua esistenza. Nel lavoro di Doillon, Rodin ha appena superato i quarant'anni. Proprio l'eta in cui incontra Camille Claudel.

Tra i due nascerà un rapporto che durerà dieci anni e stravolgerà la loro esistenza. Al centro della sua avventura artistica in quegli anni, invece la contestata statua di Honore de Balzac, ritenuta all'epoca troppo rivoluzionaria, blasfema. "Doveva essere un documentario questo Rodin. Ero stato contattato per questo, ma poi la cosa mi ha preso la mano e ho pensato che ne avrei voluto fare una fiction" spiega il regista. Sulla dimensione fisica e sensuale della figura di Rodin come della sua opera, spiega Doillon: "spesso al cinema le stesse parole e i corpi non esprimono più di tanto, mi appaiono a volte cose morte. Ho sempre voluto che i corpi dei miei personaggi parlassero di più. Bisogna dire che in questo caso bisogna girare con degli attori capaci di far parlare il loro corpo. Se poi ci si avvicina a Rodin e alla sua fisicità creativa, questa cosa vale anche di più''.

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