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Cultura

Arriva in sala l'opera prima di Marco Segati con Marco Paolini

(Di Francesco Gallo) (ANSA) - ROMA, 27 OTT - Il fascino degli anni Cinquanta in un villaggio nel cuore delle Dolomiti venete dove gli uomini parlano poco e si lasciano andare solo dopo aver bevuto qualche 'ombreta de vin'. La pelle dell'orso, opera prima di Marco Segato tratto dal libro omonimo di Matteo Righetto (Guanda) e in sala dal 3 novembre con Parthenos, ci porta appunto dentro le montagne dove vive la bestia, l'orso, il 'diaol', che rompe l'equilibrio della piccola comunità di un villaggio. Qui vivono Domenico (Leonardo Mason), ragazzino sveglio ma introverso, e il padre Pietro (Marco Paolini), uomo chiuso in se stesso da solitudine e vino, che per campare lavora nella cava di Crepaz (Paolo Pierobon). ''Volevo mettere a confronto questo padre, non socievole e antico, e un orso per raccontare un mondo che sta per finire. Con l'intento parò di fare un buon prodotto di intrattenimento, partiti dalla passione comune per il western'' spiega Segato.
    Ora il rapporto tra padre e figlio è difficile, troppe cose non si sono dette, troppi misteri sulla scomparsa della madre.
    Ma quando una notte la tranquillità della valle viene minacciata dal 'diaol', orso vecchio e feroce che ammazza una vacca, il paese non trova la forza di reagire. Ma Pietro, ultimo degli ultimi, lancia una sfida a Crepaz: sarà lui ad ammazzare l'orso in cambio di denaro. Pietro partirà il mattino dopo a caccia del mostro, ma quando Domenico lo viene a sapere decide di seguirlo.
    Quanto più padre e figlio si immergono nei boschi, tanto i loro rapporti si trasformano e si avvicinano.
    Del film, già in competizione a Montreal, vincitore del Grand Prix Fiction, al Festival di Annecy vincitore di ben quattro premi e ancora in corsa al Busan International Film Festival, spiega Paolini:''in un mondo molto liquido come quello di oggi c'è una sorta di duplex tra padre e madre, e, alla fine, ci si può legare a un modello solido come è il mio personaggio''.
    ''E' vero - dice invece il regista - volevo fare un film di genere, di avventura che incontrasse il pubblico. Un lavoro che avesse pochi dialoghi e molto da noi ponderati''.
    Mentre ancora sul suo aspro personaggio di Pietro, conclude il drammaturgo, regista, attore, scrittore e produttore italiano, Marco Paolini:''faccio parte di un mondo chiuso, dove, come faccio appunto con mio figlio, non si dicono certe cose. Si aspetta e poi il momento di rivelare certe verità non arriva mai''.
    Il film, girato a Val di Zoldo e dedicato a Carlo Mazzacurati e prodotto da Jolefilm con Rai Cinema ha nel cast anche Lucia Mascino, Paolo Pierobon, Maria Paiato, Mirko Artuso, Valerio Mazzucato e Massimo Totola.(ANSA).
   

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