Dopo Sole cuore amore di Daniele Vicari che racconta di una donna alle prese con un lavoro precario, pendolare tra Torvaianica e Roma, arriva alla Festa di Roma, sempre in selezione ufficiale, Maria per Roma di Karen Di Porto ancora con una protagonista femminile, ma questa volta precaria borghese con tanto di aspirazioni artistiche: vuole fare l'attrice. Se la prima, Eli (Isabella Ragonese), però si agitava tra tre figli da curare, marito disoccupato e lavoro da barman in periferia, in questa (interpreta dalla stessa regista) ci si identifica meno: è tutto sommato una benestante piena di chiavi della Roma bene del Centro storico, fa infatti la key-holder per turisti stranieri di case in affitto.
Nel film un'adrenalica giornata di questa donna che, insieme al suo cane Bea (un Jack Russel), si divide nella caotica città tra corse da un appartamento all'altro, provini da fare e il sogno del successo. E questo in una Città eterna che, alla fine, come dice un personaggio del film "come la vedi la vedi, è sempre bella".
"Siamo convinti che sarà un caso cinematografico simile a quello di un film presentato qui lo scorso anno che poi ha fatto incetta di David ('Lo chiamavano Jeeg Robot' di Gabriele Mainetti, ndr)" aveva detto Antonio Monda alla conferenza stampa di presentazione della Festa creando forse, in buona fede, troppe aspettative verso quest'opera prima.
"Questa cosa mi ha terrorizzato, il paragone con Jeeg Robot mi fa paura" ha detto con onestà la Di Porto oggi all'incontro stampa".
L'idea di base spiega poi l'attrice-regista "è sicuramente autobiografica. Ho guardato alla vita che ho fatto in passato e mi sono detta potrei raccontarla".
A chi invece la accusa di fragilità della storia, replica: "ho voluto raccontare le cose che conosco bene e per le quali avevo gli strumenti migliori".
Il titolo fa riferimento a un detto romano "Maria per Roma", come a dire trova un nome così comune in una città così grande, "l'ho voluto perché mi piaceva che nel titolo ci fosse Roma". Laureata in giurisprudenza a 24 anni e poi teatro con la compagnia Mixò e due corti (Nicolino e Cesare), non si ritrova troppo in chi gli attribuisce una freschezza da primo Nanni Moretti:" il mio film non ha una vera e propria struttura, riguardo a Moretti poi abbiamo in comune solo l'uso della città.
Io metto in scena più la disfunzionalità". Il paragone con Gianni Di Gregorio di 'Pranzo di ferragosto' gli sembra più vicino anche solo per il fatto che "lo adoro, siamo amici e due trasteverini".
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