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Esce Suburra, western su Mafia Capitale

Esce Suburra, western su Mafia Capitale

500 copie per film di Sollima con Favino, Germano, Amendola

ROMA, 12 ottobre 2015, 10:58

Alessandra Magliaro

ANSACheck

TV: SUBURRA, PRIMA SERIE ITALIANA PER NETFLIX - RIPRODUZIONE RISERVATA

TV: SUBURRA, PRIMA SERIE ITALIANA PER NETFLIX - RIPRODUZIONE RISERVATA
TV: SUBURRA, PRIMA SERIE ITALIANA PER NETFLIX - RIPRODUZIONE RISERVATA

Le dimissioni del sindaco Marino non ci sono e neppure il criticatissimo funerale Casamonica, "ci rifaremo nella serie", scherza Stefano Sollima. Suburra, il film tratto dall'omonimo romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo (Einaudi), in sala in 500 copie dal 14 ottobre, è una fotografia di Roma che affonda, preda di malavita organizzata, clan rom, parlamentari corrotti, spacciatori e prostitute d'alto bordo, criminali violenti, tutti con un unico comune denominatore: l'ambizione per il potere e la voglia di succhiare soldi dalla città, proprio come racconta l'inchiesta Mafia Capitale. E con un cast che riunisce Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Claudio Amendola, l'astro nascente Alessandro Borghi, Greta Scarano, Giulia Elettra Gorietti.

"Abbiamo cominciato a scrivere due anni e mezzo fa, ma il film, che pure è ambientato cronologicamente nei giorni dell'apocalisse, ossia quelli di fine novembre 2011 in cui cadde il governo Berlusconi, sembra attualissimo, ma tra 20 anni ti ci potresti ritrovare ancora, perché è il racconto di una città particolare, Roma, e del suo legame con il Potere in una forma non cronachistica ma allegorica". Sollima, che è al secondo film per il cinema dopo Acab, ma che con la fiction è stato acclamato come regista delle innovative serie Romanzo Criminale e Gomorra, spiega che in questo film dove "non si salva nessuno" le coincidenze ci sono, perché c'è una verità di fondo.

Suburra, prodotto da Cattleya e Rai Cinema e distribuito da 01, è concepito come un film di genere, "un western metropolitano, un gangster movie", dice Sollima, con un impianto produttivo importante (oltre 7 milioni di euro). Il progetto di fondo è ambizioso, "innovare il cinema italiano di genere così come si è stati capaci di fare con Romanzo Criminale e Gomorra sul fronte delle serie tv. La serialità italiana oggi è più avanti di certo nostro cinema, Suburra è l'occasione di svolta per non restare fuori", ha detto il produttore Riccardo Tozzi che la settimana scorsa con Cattleya (e la Rai) ha messo a punto il colpaccio Netflix: la produzione di Suburra la serie (Sollima regista?), 10 puntate originali per la rete di Internet Tv, con oltre 65 milioni di abbonati. Nell'accordo c'è anche la diffusione nel territorio americano del film Suburra, in contemporanea con l'uscita italiana in sala.

"C'è un'idea radicale di fondo in questo film di genere - dice Sandro Petraglia, sceneggiatore con Stefano Rulli e gli autori del romanzo - perché in Suburra c'è una Roma senza varchi, una specie di peggio gioventù, uno sguardo spietato implacabile". Nel film di Sollima senza eroi, dove non c'è un poliziotto e la magistratura è presa in giro, Roma è una terra di rapine violentissime e non arriva mai nessuno a salvare dal male, Claudio Amendola è il Samurai, reduce della Banda della Magliana, tenero con la mamma, spietato con chi si mette di traverso al progetto mafioso del Waterfront, la Ostia da trasformare in Las Vegas, mentre Pierfrancesco Favino è un parlamentare di Forza Italia con la croce celtica al collo, fondazione acchiappafondi, appartamento in centro, la passione per cocaina e sesso a tre con minorenni e un'ambizione sfrenata dunque altamente corruttibile, e Elio Germano un pr da festini, vestito ultima moda, diventato proprietà degli Anacleti, rom potentissimi. "Per entrare in questo personaggio - racconta Favino - mi sono dovuto chiedere cosa sarei stato disposto a vendere per soddisfare l'ambizione di potere, soldi, riconoscimenti. Non ho pensato a politici di riferimento - la vicenda può evocare lo scandalo Cosimo Mele, ndr - questa storia ha un carattere universale al di là del ruolo". Per Germano "è il racconto di una degenerazione comune, allevati come siamo da bambini a nutrirci dell'immagine che vogliamo proiettare sugli altri". Per una curiosa coincidenza l'Alessandro Borghi, magnifico protagonista con Luca Marinelli di Non essere cattivo di Claudio Caligari, candidato per l'Italia alla selezione agli Oscar, è qui Numero8, perduto miniboss di Ostia.

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