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The Look of Silence, al Lido il genocidio in Indonesia

Oppenheimer, protagonisti e cast a rischio rappresaglia

(ANSA) - VENEZIA - 'The Look of Silence' di Joshua Oppenheimer, seguito del documentario The Act of Killing, ancora sul tema del genocidio in Indonesia, in concorso alla 71. Mostra del cinema di Venezia è pieno di ordinario orrore. Le terribili, quanto pacifiche testimonianze questa volta da parte delle vittime, lasciano con la pelle d'oca e, secondo il regista, hanno messo a serio rischio troupe e protagonista.

I carnefici, ex membri degli squadroni della morte, capitanati da Anwar Congo, che nel 1965 salirono al potere massacrando tutti coloro che erano considerati comunisti, sono lì a raccontare con orgoglio le loro prodezze mentre le vittime sono nella prospettiva del silenzio. Vero Virgilio di questo documentario Adi Rukun oculista di 44 anni, al quale hanno ucciso il fratello, che avvicina i capi degli squadroni della morte con la scusa di misurare loro la vista. Così iniziano le domande su quello che è successo, su come è successo. Di fatto gran parte degli assassini sono ormai vecchi, spesso poco lucidi, assistiti da figli e mogli (la vecchiaia, va detto, è ancora rispettata in Indonesia). I racconti parlano di orrori e di eventi dall'apparenza leggendaria. C'è più di uno dei carnefici che dice che beveva il sangue delle vittime appena sgozzate, "un modo per non diventare pazzo e non salire sugli alberi a pregare". Ci sono vecchi che rivelano solo davanti alla macchina da presa le loro imprese di fronte ai propri familiari ("io li sgozzavo e poi gli tagliavo il pene") spesso ignari delle loro violenze. Dalle donne arriva spesso la pietà per quelle vittime dei loro padri, ma c'è chi invece teme che quell'odio, che sembra ormai sepolto, possa ancora esplodere come un vulcano ritenuto spento. Ma ci sono anche le madri prese dall'odio, che non hanno dimenticato né perdonato: "Prego tutte le sere che i figli degli assassini soffrano quanto hanno sofferto i nostri".

The Look of Silence, che sarà distribuito in Italia da Wonder Pictures, spiega il regista nato negli Usa, ma che vive a Copenaghen, ''è stato un film assolutamente a rischio. La troupe non compare nei titoli di coda e anche il protagonista, Aki Rukun, - sottolinea Hoppenheimer - a cui è stato ucciso davvero un fratello di nome Rumli dalle squadre della morte è stato molto coraggioso a prestarsi a far parte di questo film''. Dice appunto Rukun: ''volevo con le mie domande che chi allora aveva ucciso ammetta di averlo fatto. Viviamo in un'unica comunità. Io voglio che tutto questo abbia fine che finisca il risentimento tra vittime e carnefici''. E aggiunge: ''Non credo che questo lavoro possa guarire le ferite delle mia famiglia ma i mie figli avranno almeno la possibilità di migliorare le cose''.

Sul potere pacificatorio di 'The Look Silence', dice infine Oppenheimer:''il governo indonesiano non è consapevole di questo film come non lo era di Act of killing visto da milioni di persone clandestinamente in Indonesia. Quando però fu candidato all'Oscar lo stesso governo fece una dichiarazione in cui ammise che a quei tempi si era sbagliato anche se quelle stesse vicende si erano prima solo e sempre celebrate''.(ANSA).

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