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MILANO, 25 maggio 2018, 13:11

Redazione ANSA

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Nato a Treviso nel 1943 (dove la famiglia era sfollata) viene mandato in collegio a Milano al San Celso. Poi in Svizzera si diploma all'Accademia di Belle Arti di Sion. Nel 1968-69 partecipa alla contestazione della Triennale di Milano e della Biennale veneziana. Nel 1972 proprio alla Biennale viene esposta la sua 'Macchina per la tortura'. "Nella Milano di quei giorni il clima era molto pesante. La polizia cominciò a seguirlo, era un contestatore - ricorda Michela - Alcuni artisti si rinchiusero in una galleria per giorni e si disse che avevano fatto uso di droghe pesanti, fu allora che lo presero". Arrestato nel 1975, nei pressi del bar Giamaica in Brera, il quartiere degli artisti milanesi, viene rinchiuso nel manicomio di Aversa negli anni in cui erano rinchiusi cutoliani e giovani legati al terrorismo, negli anni delle rivolte che hanno portato alla luce quello che succedeva in quell'ospedale psichiatrico che si meritò l'appellativo di 'lager'. "Anche lui aveva subito violenze enormi" racconta Michela e quando esce Vincenzo porta i segni degli elettroshock, il ritorno in famiglia non basta a ritrovare la serenità, "era ormai una persona senza età, vuoto e disperato" e muore per overdose a Roma a soli 35 anni.
   

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