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L' immaginario di Ariosto in 90 capolavori

Da domani a Ferrara per i 500 anni dell'Orlando Furioso

(ANSA) ROMA 23 SET - Capolavori assoluti di Raffaello, Botticelli, Mantegna, Leonardo, Pisanello, Paolo Uccello, un Tiziano che torna in Italia dopo 460 anni, raccontano da domani all'8 gennaio a Palazzo dei Diamanti di Ferrara il repertorio iconografico che nutriva l'immaginazione di Ludovico Ariosto alle prese con la prima stesura dell'Orlando furioso, di cui si celebra il V centenario della pubblicazione. Allestite circa 90 opere, in un percorso di grande suggestione, dove a meravigliosi dipinti, marmi antichi, disegni straordinari si affiancano manoscritti e libri rarissimi, reperti e oggetti d'arte quali l'Olofante, il corno d'avorio inciso che la leggenda attribuisce allo stesso Orlando o la spada di Francesco I, persa in battaglia.

Con il titolo 'Orlando Furioso 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi', l'importante esposizione ha lo scopo di ricostruire una sorta di ''filologia dell'immaginazione da cui è scaturito, tra classicità e Medioevo, un sogno cavalleresco in realtà mai esistito''. A parlare è Guido Beltramini, curatore della mostra con Adolfo Tura, spiegando un intenso lavoro durato tre anni, che ha portato a una selezione estremamente puntuale di opere di eccezionale qualità, in grado nel loro insieme di creare rimandi e assonanze tra i versi dell'Ariosto e l'arte del suo tempo, fiorita nelle corti italiane, prima fra tutte quella estense. Il percorso espositivo prende infatti le mosse dal libro pubblicato a Ferrara intorno al 1480, quell'Orlando innamorato del Boiardo, presente nell'esemplare più antico sopravvissuto alla passione dei lettori, di cui il Furioso è il letterale prolungamento, con gli stessi personaggi e il complesso intreccio narrativo.

A sottolineare lo snodarsi vertiginoso dei fatti, il 'Ritratto di gentiluomo' di Bartolomeo Veneto (1510-15), in cui un cortigiano mostra sulla veste il simbolo del labirinto, dove a ogni bivio si impone una scelta tra bene e male, come per i protagonisti del poema. In un cammino tra capolavori che procede sviscerando i molteplici aspetti della visione ariostesca, ecco il filo conduttore, quello della battaglia, banco di prova per le virtù dei prodi, identificata con quella di Roncisvalle, in cui eroicamente Orlando perde la vita. In una teca, si può ammirare l'Olifante, proveniente da Tolosa, che la leggenda (ma solo quella) vuole appartenuto al paladino di Carlo Magno. Sempre di grande effetto l'arazzo prestato dal Victoria and Albert Museum, ma soprattutto l'eccezionale disegno di Leonardo dal titolo 'Una battaglia fantastica tra cavalli ed elefanti' (dalle Collezioni Reali di Windsor). Proprio il genio rinascimentale aveva affermato che la pittura era in grado di rappresentare le guerre meglio della letteratura. Idealmente, sottolinea Beltramini, l'Ariosto gli risponde dando vita nel suo poema a un impianto avvincente, nel quale le scene si susseguono interrompendosi sul più bello e lasciando il lettore con il fiato sospeso, ''una specie di controcampo cinematografico'' che fa del Furioso ''un'opera polifonica''. Si prosegue con uno sguardo sulla corte, in particolare quella estense, perché il capolavoro ariostesco ne è una splendida espressione. In questa sezione, oltre al ritratto di Leonello d'Este di Pisanello, trova posto la tela di Andrea Mantegna 'di 'Minerva caccia i vizi dal giardino delle virtù' (dal Louvre), opera strepitosa popolata dalle figure fantastiche descritte nel corteo di mostruose creature incontrato da Ruggero nel regno di Alcina.

Fortissimo e pregnante è il tema del desiderio che guida ciecamente le azioni dell'uomo e della follia che sempre ne consegue, una sezione in cui trova spazio la bellezza femminile cantata dall'Ariosto in questa prima edizione del 1516 (qua allestita), impersonata, così ideale e astratta, dalla Venere Pudica di Botticelli. Un'immagine questa che il poeta muterà nella terza edizione del 1532, scritta per un mondo ormai cambiato, con la disfatta di Francesco I e l'introduzione di armi da guerra come le alabarde, che decretarono la fine dell'epopea cavalleresca. Ariosto vi aggiunge otto capitoli e nuovi personaggi, tra cui emerge Olimpia dalla calda sensualità, probabilmente ispirata al 'Baccanale degli Andrii', che Tiziano dipinse per il Camerino del Duca, oggi conservato al Prado e di nuovo a Ferrara per la prima volta. 

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