Da Manet a Renoir, da Monet a Degas, fino a Van Gogh, Gauguin e Cezanne, i maestri della pittura francese del XIX secolo racconteranno attraverso straordinarie opere capitali le molte storie e sfaccettature dell'Impressionismo in una grande mostra allestita dal 29 ottobre al 17 aprile a Treviso, negli spazi del Museo di Santa Caterina. Esposti circa 140 capolavori, soprattutto dipinti, provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private, in grado di delineare un imponente affresco della produzione pittorica dell'800 francese, destinata a rivoluzionare nei decenni successivi l'arte mondiale. L'importante rassegna, dal titolo 'Storie dell'Impressionismo. I grandi protagonisti da Monet a Renoir, da Van Gogh a Cezanne', e' stata ideata, prodotta e curata da Marco Goldin, patron di Linea d'ombra, in occasione dei 20 anni di attivita' espositiva, coronati da record e successi. Si tratta, spiega il critico che al tema ha dedicato piu' di un'iniziativa, di una vasta esposizione, suddivisa in sei sezioni, 'con un forte intento di natura didattica'. La finalita', infatti, non e' solo illustrare 'quel mezzo secolo che va dalla meta' dell'800 fino ai primissimi anni del'900, ma anche quanto la pittura in Francia aveva prodotto, con l'avvento di Ingres a inizio secolo, nell'ambito di un classicismo sfociato nelle prove, per lo piu' accademiche, degli artisti del Salon'. Senza contare il romanticismo di un Delacroix, che arriva a influenzare persino Van Gogh, cui si aggiungono le nuove suggestioni della scuola naturalistica di Barbizon. Lo sforzo critico di Goldin sembra dunque quello di contestualizzare storicamente il movimento pittorico capitanato da Monet, che conviveva (e si nutriva) con l'approccio accademico degli artisti dei Salon o con i fautori del plein-air nella foresta di Fontainebleau. Mentre nasceva la fotografia e cominciavano ad arrivare nel vecchio continente le celeberrime incisioni a colori su legno di Hiroshige e Hokusai. Ecco che dell'Impressionismo, la mostra di Goldin non offre 'un prima e un poi, ma un'esperienza storica che si esprime in parallelo, e simultaneamente, nelle strade di Parigi e nelle campagne di Francia, lungo i suoi fiumi e le sue coste'. Il percorso espositivo prende le mosse dal genere del ritratto, che da Ingres a Degas a infine a Gauguin attraversa una radicale parabola evolutiva, abbandonando nel corso del secolo le ispirazioni raffaellesche per mettere le basi alla ritrattistica del '900. Si prosegue con uno dei temi cardine dell'Impressionismo, quell'armonia cercata tra la natura e la figura umana che trova nel 'giardino' la sua dimensione ideale. Una sezione che ospita capolavori come 'La casa dell'artista ad Argenteuil' di Monet, 'Cipressi con due figure' di Van Gogh, i 'Mietitori' di Degas, 'Le rondini' di Manet. Non meno importante nella produzione impressionista e' la natura morta. Meravigliose sono quelle, rare, di Manet, cui si affiancano in mostra i dipinti di Fantin-Latour, di Van Gogh e soprattutto di Cezanne, che proprio in tale genere riesce a bloccare le cose 'nell'assoluto della pittura'. Si arriva cosi' al paesaggio, 'una quintessenza - dice Goldin - di profumi, di ceneri, di silenzi, di fioriture'. Qui la rivoluzione impressionista si fa ancora piu' palpabile. Primo fra tutti, Monet riesce a spezzare 'la rincorsa verso il sublime naturale che era stato di Turner e inserisce il senso della modernita', dando spazio a quella 'vie moderne' che e' stata una delle sigle del movimento'. La bellezza diventa 'parte di un giro piu' normale della vita, il paesaggio non e' piu' quello di una tempesta, di una neve eterna, ma quello di una campagna o di un fiume', come dimostrano le tele dello stesso Monet, Pissarro, Sisley, Cezanne, Gauguin, Van Gogh e Seurat. Nella quinta sezione, Goldin affronta invece la crisi dell'Impressionismo, con Monet che mette in discussione la pratica del plein-air ideando le serie o approfondendo 'le tele non piu' sotto il dominio esclusivo dell'occhio fisico', come nelle Falaise, i covoni, le Cattedrali o le famose Ninfee, in cui l'artista arriva alle soglie dell'astrazione. La mostra si conclude con una importante sezione interamente dedicata alla lezione di Cezanne, alla sua 'ossessione di rendere geometricamente la forma', che fa del pittore provenzale il primo dei moderni.
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