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Il Palatino si apre al contemporaneo

Il Palatino si apre al contemporaneo

Dal 24/6 circa 40 opere tra Arcate Severiane e Meta Sudans

ROMA, 24 giugno 2016, 14:23

Nicoletta Castagni

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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 Tra grandi installazioni, video, sculture, le opere di 36 protagonisti dell'arte contemporanea, italiani e stranieri, delineano da domani al 18 settembre i nuovi percorsi del Colle Palatino, cuore della Roma antica, riaprendo spazi chiusi al pubblico da tempo. Il segno di Daniel Buren, Janis Kounellis, Adrian Tranquilli, Giorgio Andreotta Kalò, Kapawani Kiwanga, Chen Zen si armonizza per la prima volta con le imponenti rovine dello Stadio Palatino, la terrazza e le Arcate Severiane, nonché l'area della Meta Sudans, tra l'Arco di Costantino e il Colosseo.
Presentata oggi alla stampa dalla curatrice Raffaella Frescarelli, l'importante rassegna si intitola 'Par tibi, Roma, nihil', vale a dire l'esclamazione del vescovo di Tours, Hildebert de Levardin, davanti alle imponenti vestigia della città eterna nel XII secolo e si configura quale anteprima della 31/a edizione del Romaeuropa Festival in svolgimento da settembre a novembre. Tema della manifestazione sarà appunto quello del confronto tra antico e contemporaneo con opere di arti visive, teatro, musica, la stessa sfida cui si è trovata davanti la Frescarelli quando ha dovuto mettere a punto una metodologia capace di valorizzare al tempo stesso le installazioni e le straordinarie testimonianze archeologiche.
La chiave è stata quella di trovare un ideale collegamento tra ciascuna opera e alcuni punti di forza della civiltà romana, fino a sviscerarne i numerosi aspetti di sacralità, cultura, vivere comune. "Le opere - spiega la curatrice - dialogano con l'identità di Roma, in un dibattito critico dove al centro si trovano concetti come lo 'spolia', cioè l'appropriazione della memoria storica, la manipolazione ideologica operata dall'arte antica, la creazione di un mito del potere, la dittatura attiva della 'religio', la strutturazione di Lex e Ius, il paradosso globale e le contraddizioni dell'eredità culturale".
Si tratta in definitiva di "un viaggio di dissenso all'interno del mito di Roma, una rilettura anarchica dei dispositivi di stratificazione della storia". Basti pensare alla grande installazione di bandiere di Daniel Buren, il quale, montando questa sua 'Scacchiera arcobaleno ondeggiante' sulla Domus Severiana in modo da dominare il Palatino, ha dato vita a un vero e proprio "monumento al multiculturalismo". Ecco Adrian Tranquilli che con 'Evidence' racconta un eroe ormai privo di corazza e di ogni altra difesa, a rappresentare la valenza etica dello stoicismo. "Una filosofia - sottolinea la Frescarelli - che a contatto con la cultura romana si umanizza, fino a parlare di diritti umani. Anche per il Cristianesimo è stata la stessa cosa".
Nello Stadio Domiziano c'è 'Loser' di Piero Golia, una scritta costituita da lettere di metallo sfolgorante, ognuna delle quali gira su se stessa in modo non sincronizzato rispetto alle altre. L'installazione è allestita nello Stadio Domiziano, "l'unico nell'antica Roma in cui non si svolgevano i giochi".
Era infatti lo spazio che l'imperatore aveva riservato per sé e la sua corte, spiega la curatrice ricordando che la struttura disponeva di un vasto porticato su tre piani, in cui erano custodite le opere di statuaria greca che il sovrano amava collezionare. Proprio in quello che resta dell'imponente edificio, il percorso espositivo presenta numerosi video, tra cui quello di Elisabetta Benassi, dal titolo 'Io non ho mani che mi accarezzano il volto', incentrato sui visitatori della Gioconda, al Louvre. Che si conclude con un primo piano di un turista asiatico che assume l'identica espressione del capolavoro. A significare che, in realtà, è Monna Lisa a guardare il suo pubblico e non viceversa.
Provocatoria l'installazione di Gabriele De Santis che in 'We're short a guy' ricostruisce lo spogliatoio della Roma Calcio, ma sulle maglie giallorosse ci sono i nomi degli artisti italiani più famosi del '900. "Francesco Totti ci ha promesso che verrà a visitare la mostra", conclude Raffaella Frescarelli.
Sulla maglia numero 10 c'è il nome di Boetti.

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