Nessuna opera figurativa, solo la
potenza dell'informale: si muove sulla suggestione dell'immagine
pura la mostra "Segni, Alfabeti, Scritture", allestita dal 25/5
al 2/11 al Macro di Roma, che indaga il rapporto tra arti visive
e scritture sviluppatosi nel corso del '900. La mostra declina
una parabola che dagli anni '50 arriva fino ai nostri giorni:
dall'opera più antica (Superficie 572, realizzata da Giuseppe
Capogrossi nel 1955) fino a Dignity before bread,
l'installazione al neon del gruppo Claire Fontaine (2011), è
tutto un fiorire di segni e lettere che diventano elementi
compositivi al di là del loro significato, o che, al contrario,
danno vita a una scrittura fatta d'immagine. Tra gli artisti in
mostra anche Carla Accardo, Achille Perilli, Gianfranco
Baruchello, Vasco Bandini, e due prestiti "eccellenti", l'arazzo
afghano di Alighiero Boetti e la scrittura "poeticamente"
cancellata di Emilio Isgrò.
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