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Da Warhol a Burri, al Madre il genio di Amelio

Da Warhol a Burri, al Madre il genio di Amelio

Fino al 9/3/2015 omaggio al grande gallerista napoletano

ROMA, 30 novembre 2014, 16:25

Silvia Lambertucci

ANSACheck

mostra Lucio Amelio al Madre di Napoli - RIPRODUZIONE RISERVATA

mostra Lucio Amelio al Madre di Napoli - RIPRODUZIONE RISERVATA
mostra Lucio Amelio al Madre di Napoli - RIPRODUZIONE RISERVATA

 Il pugno allo stomaco dell'installazione dedicata nel 1981 da Joseph Beyus al Terremoto in Palazzo, con quel cumulo di vetri infranti, i vasi rovesciati, i legni scomposti. Ma anche l'immagine del Mattino con quel drammatico titolo "Fate presto" ripreso da Andy Warhol in una serigrafia su tre tele, sempre nell'81 quando era ancora fresco il trauma del devastante terremoto dell'Irpinia, i tagli di Fontana, le tele di Paladino e di Burri.
    A vent'anni dalla morte, il Museo Madre rende omaggio al genio di Lucio  Amelio (1931-1994), protagonista indiscusso nella storia dell'arte contemporanea, raffinato collezionista, instancabile promotore d'arte, con una mostra che fino al 9 marzo racconta il suo straordinario percorso e mette insieme opere di tutti i grandi che sono passati dalla sua Modern Agency o che sono stati protagonisti delle tante mostre da lui curate, da Warhol a Burri, da Fontana a Manzoni, Fabro, Pistoletto, Kounellis, da Mimmo Paladino a Luigi Ontani, Robert Rauschenberg, Cy Twombly.
    Tele, installazioni, fotografie e video, opere fondamentali di oltre cinquanta artisti risultato di una meticolosa ricerca d'archivio sulle mostre organizzate da Amelio che insieme con un imponente corredo di materiale documentario, dalle lettere ai progetti di allestimento, dalle fotografie ai cataloghi, i manifesti, gli inviti, ricostruiscono nelle sale del fascinoso museo napoletano il mondo e l'intensa attività espositiva, curatoriale, editoriale di questo uomo gentile poliedrico (è stato anche attore in tre film di Lina Wertmuller e nel film di Mario Martone Morte di un matematico napoletano e persino cantante, appassionato di brani anni Cinquanta) che contribuì intorno agli anni '70 del Novecento, a trasformare radicalmente il dibattito artistico allora in corso.
  "Senza Lucio Amelio non esisterebbe un museo come il Madre, la storia di Lucio è la storia di un'arte che non cerca di esprimere solo se stessa ma di dialogare con la comunità che la circonda. Quando aprì la Modern Art Agency al Parco Margherita nel 1965 non aprì solo una galleria ma una piattaforma sulle ragioni dell'arte creando quel sistema odierno dell'arte contemporanea",  spiega il direttore del museo e curatore della mostra Andrea Viliani. Una rassegna "che è anche la storia dei tanti artisti, collaboratori e compagni di strada che hanno condiviso la loro ricerca con Amelio.
    Allestita lungo 19 sale del museo, la rassegna si concentra sugli anni dal 1965 al 1982 (ovvero gli anni fondativi di un metodo e di una visione dell'arte culminati con la costituzione della Fondazione Amelio e la genesi di Terrae Motus) con un percorso che parte dalla ricerca sui rapporti fra astrazione e figurazione alla fine degli anni Sessanta (con opere, fra l'altro, di Barisani, Fontana, Manzoni, fino alla successiva collaborazione con Burri, culminata nella realizzazione a Capodimonte, nel 1978, del Grande Cretto Nero). Seguono sale dedicate ai protagonisti dell'Arte Povera, da Calzolari a Fabro, da Mario e Marisa Merz a Pistoletto e Kounellis l'artista con cui, nel 1969, Amelio inaugurò la sede della galleria in Piazza dei Martiri e che segnò una svolta anche nella sua programmazione. E ancora, approfondimenti sulla ricerca performativa e teatrale, le ricerche concettuali (con lavori su carta di James Lee Byars, insieme a opere di Daniel Buren e Dan Graham), fino alla Pop Art e alla "scultura sociale" beuysiana.
    Protagoniste di una seconda parte della rassegna, opere cardine di Francesco Clemente, Mimmo Paladino, Nicola De Maria, di Nino Longobardi, Luigi Ontani, Ernesto Tatafiore, accanto ai lavori di Tony Cragg, Robert Rauschenberg, Gerard Richter e Cy Twombly. Un percorso che si chiude al terzo piano del museo con una selezione di foto e film, fra gli altri, di Gilbert & George, David Hockney, Mimmo Jodice e un ritratto di Amelio fatto da Mario Schifano e connesso all'avvio del progetto Terrae Motus. Non manca, nella sala che domina il secondo cortile del museo, Delle distanze dalla rappresentazione (1969), installazione ambientale di Carlo Alfano entrata nel 2013, insieme a Terrae Motus, 1980, di Nino Longobardi nella collezione permanente del Madre.
   

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