(ANSA) - VENEZIA, 11 APR - Un bianco lattiginoso, una 'nebbia veneziana' che trasforma la luce di un possibile sole in materia quasi da penetrare, avvolge l'atrio a piano terra di Palazzo Grassi. Il visitatore sembra cercare inutilmente punti di riferimento, direzioni verso cui procedere; ma è un'illusione: basta girare la testa per vedere gli spazi che si aprono sul canal Grande, alzare gli occhi per leggere la 'struttura' - i faretti, i teloni, la cupola -, che regge e forma l'opera di Doug Wheeler, artista californiano chiamato a fare da 'apripista' alla mostra curata da Caroline Bourgeois dedicata proprio a "L'illusione della luce".
La mostra apre la nuova stagione espositiva in una delle due sedi della Fondazione Pinault, a Venezia. La settimana scorsa, a Punta della Dogana la 'prima' con l'opera-installazione di Wade Guyton nel 'cubo' di Tadao Ando; oggi la mostra-ricerca sulla luce e, al secondo piano, la presentazione di 130 immagini del fotografo americano Irving Penn (1917-2009).
Attraverso i lavori di 20 artisti, la mostra curata da Caroline Bougeois cerca di esplorare i vari valori - dal fisico al politico, estetico o filosofico - che accompagnano il rapporto dell'uomo, dell'artista, con la luce, specie negli ultimi decenni.
A metà della scalinata che porta al primo piano, tra gli affreschi '700 - anch'essi a rappresentare un'illusione di personaggi che si affacciano - Philippe Parreno inserisce un'opera al neon e lampadine che sembra tratta dal mondo dello spettacolo. Nelle sale e saloni del piano superiore, alcuni lavori dialogano muti tra loro, lungo riflessi simmetrici che attraversano idealmente lo spazio dell'atrio: "Le Salon Noir" di Marcel Broodhaaers con Gilbert&George di "Deqad Borads no. 11", le immagini del fungo atomico di Bruce Conner con i neon-monumento di Dan Flavin; il bulbo di una lampadina di Robert Whitman con l'essenza di un'altra lampadina e di una candela accese nell'opera di Antoni Muntadas. A Julio Le Parc, protagonista della Op Art, il compito di giocare con le potenzialità ipnotiche della luce, ai dipinti di Troy Bruntuch l'onere di mostrare come dalle profondità delle tenebre emergano delle figure leggibili o, all'opposto, ai bianchi dei quadri di "General idea" la capacità di celare, attraverso la parola leggibile solo con uno sguardo molto attento, uno dei drammi degli ultimi decenni: Aids. Ma la luce è anche l'arcobaleno, con fili di lana sospesi, di Vidya Gastaldon; è il riflesso dell'acqua mista a petrolio nella foto degli operai di una multinazionale in Nigeria presentata da David Claerbout; è il blu che diviene memoria collettiva nel lavoro della marocchina Latifa Echakhch. Le due mostre resteranno aperte fino al 31 dicembre prossimo. (ANSA).