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Quasi 120 milioni di schermi nelle case degli italiani

Tv

Quasi 120 milioni di schermi nelle case degli italiani

C'è una media di cinque schermi per famiglia

ROMA, 19 novembre 2021, 10:18

di Francesca Pierleoni

ANSACheck

Schermi televisivi - RIPRODUZIONE RISERVATA

Schermi televisivi - RIPRODUZIONE RISERVATA
Schermi televisivi - RIPRODUZIONE RISERVATA

 La pandemia ha accelerato in modo deciso la corsa degli italiani verso la vita digitale, un cambiamento che è qui per restare: gli schermi all'interno delle case sono 119 milioni e 400 mila (+6,2% negli ultimi due anni), con una media di 5 schermi per ogni famiglia. Le famiglie connesse sono il 90,2% del totale (+3,6% dal 2019). E quelle che possiedono una connessione sia fissa che mobile sono il 59,4% (+6,2%). È quanto emerge dal quarto Rapporto Auditel-Censis, dal titolo "L'Italia multiscreen: dalla Smart Tv allo schermo in tasca, così il Paese corre verso il digitale", presentato al Senato.
Lo studio si fonda sulla Ricerca di base Auditel: 7 cicli di indagini (wave), fino a luglio 2021, su un campione rappresentativo delle famiglie e degli individui che vivono in Italia, per un totale di circa 20.000 interviste annuali. Numeri che certificano una crescita di audience e di tempo dedicato alla visione della tv lineare e in streaming, anche per la costante ricerca del pubblico di informazioni affidabili legate all'emergenza pandemica. Si registra anche "una crescente adesione alla banda larga, che si configura sempre più come bene di prima necessità" dice il presidente di Auditel Andrea Imperiali. Un panorama nel quale il palinsesto se lo compone sempre più autonomamente il pubblico. Nel 2020 circa 7,3 milioni di italiani con più di 4 anni (il 12,5% del totale; nel 2019 erano meno di 6 milioni) hanno guardato su Internet i programmi televisivi in onda in contemporanea sulla tv lineare e 4,2 milioni lo hanno fatto utilizzando lo smartphone. Crescono i numeri di tutti i device: nel 2021 gli apparecchi televisivi superano i 43 milioni (+1,0% dal 2019) soprattutto per l'ormai prepotente presenza di Smart Tv o dispositivi esterni collegati: sono 15,3 milioni (+46,6% negli ultimi due anni). In aumento anche gli smartphone, che sono oltre 48 milioni (+8,9% dal 2019). Così come crescono i pc collegati, che sono quasi 20 milioni, e i tablet, che sono 7,7 milioni. Nel 2021 le famiglie che hanno in casa almeno un tablet o un computer sono 15 milioni e 500.000, pari al 64,9% del totale, aumentate del 3,8% negli ultimi due anni. "Un quadro che ci rende tutti, costantemente consumatori, a casa come in strada e al lavoro, a discapito della produttività del singolo" osserva Giuseppe De Rita, Presidente del Censis.
Bisogna, tuttavia, ancora confrontarsi con il digital divide: 2 milioni e 300 mila famiglie italiane, il 9,8% del totale, non sono collegate ad internet; 7 milioni e 200 mila famiglie, il 29,9% del totale hanno solo la connessione mobile, e di queste circa 5 milioni si collegano solo con lo smartphone. Otto milioni e 400 mila famiglie, il 35,1% del totale (la metà è formata da nuclei composti solo da anziani), non ha in casa né un pc né un tablet, quota che arriva al 72,8% tra quelle che si collocano su di un livello socioeconomico basso. "C'è ancora un tema di carenza infrastrutturale - commenta il presidente dell'Agcom Giacomo Lasorella -. Il passaggio chiave è lo sviluppo della banda larga e della rete 5g, anche per ridurre il gap tecnologico a livello territoriale e per categorie di persone, alcune delle quali sono ancora escluse dall'accesso alla quotidianità digitale". Una situazione sulla quale si agirà anche grazie alle massicce risorse del Pnrr, nel quale il 27% dei fondi "è dedicato all'innovazione del digitale e al 5g" ricorda Mauro Coltorti, Presidente della Commissione Lavori Pubblici, comunicazioni del Senato. L'investimento in innovazione, nei servizi media - audiovisivi, nelle telecomunicazioni, in conoscenza e nel saper fare "oggi più che mai è un atto politico per orientare la competitività, diffondere le competenze e creare sinergie" dice Anna Ascani, Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico. In un quadro come questo "bisognerebbe immaginare una ristrutturazione del servizio pubblico che tenga conto delle novità sempre più evidenti" spiega Riccardo Nencini, Presidente della Commissione Istruzione Pubblica e beni culturali del Senato. Diventa inoltre, ancora più essenziale, in tempi di infodemia e transizione digitale che il servizio pubblico "offra un giornalismo di qualità - spiega il presidente della Commissione di Vigilanza Rai Alberto Barachini - che informi ma promuova anche il pensiero critico, che è molto diverso dal complottismo".




   

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