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Addio a Lara Saint Paul, duettò con Louis Armstrong

La cantante, 73 anni, era malata da tempo

Il suo momento d'oro fu il Festival di Sanremo del 1968 - la prima edizione dopo quella drammatica che aveva visto il suicidio di Luigi Tenco - dove arrivò in finale con "Mi va di cantare", intonata a ritmo di jazz sul palco dell'Ariston anche dal grande Louis Armstrong, con un italiano impacciato che lo rese forse ancora più memorabile. Poi ci furono altri festival, Canzonissima, il varietà in tv, un decennio almeno di successi, di tour in Europa e negli States, l'amicizia con Frank Sinatra, le foto con Hillary Clinton, fino ad una vecchiaia travagliata, costellata di malattie, dispiaceri, difficoltà economiche. Ma l'immagine di Lara Saint Paul, morta l'8 maggio in un hospice di Casalecchio di Reno, rimane per tutti un po' quella di allora, con lei giovane e bellissima, il fisico atletico e la pelle ambrata che metteva in risalto gli occhi enormi segnati dall'eyeliner del trucco anni '60.

Il motivetto dixieland in stile anni Venti, scritto forse per omaggiare la superstar americana, aveva parole semplici un po' come tutte le canzoni cuore amore dell'epoca ("Ciao, stasera sono qui, mi va di cantare, perché sei con me/... tesoro senti come ride il cuor, vicino a te felice perché i love you amore") ma lei lo intonava con verve e una grande voce, muovendosi a ritmo nel vestito corto di lucido lamé, il sorriso largo del papà romagnolo, la bellezza un po' esotica ereditata chissà della mamma eritrea. Applaudita dal pubblico e un po' meno dalla critica, la canzone, a dispetto della partecipazione di Armstrong, non vinse ma si guadagnò la finale. Per la bellissima Lara, sposata al produttore discografico e impresario teatrale Pier Quinto Cariaggi, fu il lancio di una carriera.

Il festival le aprì le porte della tv e del varietà, da Quelli della domenica sul primo canale a La domenica è un'altra cosa, con Raffaele Pisu, poi di Canzonissima - l'altra Sanremo di quegli anni - e di nuovo del festival della città dei fiori, dove tornò in tutto tre volte. Ci furono i tour in Europa e negli Usa. Concerti a Los Angeles, dove lavorò tra gli altri con Ray Charles e Stevie Wonder. Negli anni Ottanta, quando il successo nella canzone sembrava forse un po' declinare, si lanciò in una serie di altre attività, pioniera della Aerobic Dance, che portò in Italia con un notevole successo, poi anche giornalista, designer, autrice di un documentario su Pavarotti.

Rimasta vedova, negli ultimi anni ha avuto però una vita travagliata, costellata di malattie e situazioni difficili, amareggiata dall'indigenza. Le notizie di cronaca la citano per gli incidenti - un femore rotto, un'operazione difficile - e per le battaglie disperate, come quella che la portò nel 2011, assistita da due avvocati, a citare in giudizio la Bayer, sostenendo di essere stata rovinata dall'uso della pomata Lasonil che le avrebbe causato "lesioni tali da portarla ad uno stato di un'invalidità".

Nel gennaio del 2017 la notizia della malattia, un tumore all'intestino, e la richiesta di aiuto lanciata dalla figlia Manuela: "Abbiamo bisogno di aiuto economico e di consigli medici". Per lei, che l'aveva a lungo orgogliosamente rifiutata, arrivò infine - racconta oggi la sorella Loredana - il conforto economico della legge Bacchelli. Chissà se è servito a farla sentire un po' meno sola.

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